Nils Adriaans, professionista indipendente dell’industria creativa, ha intervistato 7 creativi vincitori di 4 Grand Prix agli ultimi Cannes Lions chiedendo loro come sta cambiando la pubblicità, in meglio, ma anche in peggio.
Viviamo in un’era in cui da un lato agenzie, società tecnologiche, sigle di consulenza, brand, editori e case di produzione competono sul terreno della creatività – tutte grandi aziende che ci volteggiano in tondo come avvoltoi – reinventando branding e advertising in un mondo che cambia velocemente. Ma se dall’altro lato domina il pensiero a breve termine e l’efficacia mostra segni di crisi, dobbiamo chiederci: che cosa possiamo, possibilmente umanamente, creare? Chi può risponderci meglio di chi è senz’ombra di dubbio creativo?
Laurie Howell e Toby Treyer-Evans, Droga 5. Creativi sempre in movimento
Laurie Howell e Toby Treyer-Evans, coppa di creativi britannici che lavorano in Droga5 New York come Group Creative Directors, hanno vinto il Grand Prix nelle prestigiose categorie Film e Film Craft con la campagna The Truth is Worth It del The New York Times.
Cosa c’era di radicalmente speciale o di diverso nel vostro lavoro?
Howell: «La pubblicità può essere spesso un lavoro di abbellimento, decorativo. La cosa speciale di questo lavoro è che stiamo stati capaci di usare la creatività per dire la verità. Le storie e i film sono stati realizzati con gli stessi standard e il rigore usati nel giornalismo»
Treyer-Evans: «In definitiva, al centro c’è stata l’idea di riscrivere i titoli. E’ stata progettata per farti entrare nella coscienza dei giornalisti e scoprire la storia insieme a loro, mentre la stanno pensando in quel modo. Unire i caratteri, il suono e le immagini è stata una danza, che ti ha fatto mettere nei loro panni in un modo nuovo. Alle persone è parso di provarlo realmente».
Secondo voi il settore sta cambiando in meglio o in peggio?
Howell: «Difficile a dirsi. Per il meglio, spererei. Dobbiamo tutti rimanere rilevanti. Mi piacerebbe pensare che il settore diventerà più strano, ricco e più diverso di com’è adesso, inventori, registi e persone di business, tutti insieme in una squadra più grande e brillante».
Treyer-Evans: «La pubblicità fine a se stessa può essere noiosa e sprecata, ma d’altro canto le idee possono cambiare le cose. Spero che il nostro lavoro continui ad essere finalizzato a questo e di viverlo nel modo più significativo possibile».
Il nostro mestiere ha a che fare con arti applicate, creatività, idee. Cosa vorreste creare di nuovo?
Howell & Treyer-Evans: «Non sarebbe un po’ un tradimento? Tuttavia, avendo iniziato come designer di prodotto e designer industriali niente è escluso. Tutte le persone creative sono irrequiete, il che rende entusiasmante pensare cosa potrebbe esserci ‘dietro l’angolo’».
Hugo Viega e Diego Machado, AKQA São Paulo. Non c’è mai stato un momento migliore per essere creativi
Hugo Viega e Diego Machado di AKQA São Paulo hanno vinto 2 Grand Prix in due categorie con 2 lavori diversi nel giro di 2 giorni, un caso senza precedenti: uno al video ‘Bluesman’ che ha vinto il Grand Prix in the Entertainment for Music (insieme al video di Childish Gambino ‘This is America’) e il secondo a Air Max Graffiti Stores di Nike nella categoria Media.
Cosa c’era di veramente speciale o di diverso nei vostri lavori premiati?
Viega: «Entrambe le idee usano il potere della cultura per combattere forme di oppressione sociale. Bluesmen non ha usato solo la musica, ma la semiotica del design e della fotografia per combattere il razzismo istituzionalizzato. Air Max Graffiti Stores ha trovato un modo per avvicinare la gente alla street culture dopo che il governo ha cancellato centinaia di pezzi d’arte. I progetti sono una chiara dimostrazione di come la nostra industry e i brand hanno il potere di generare un impatto positivo sulla società combinato a grandi risultati di business».
Secondo voi il settore sta cambiando in meglio o in peggio?
Machado: «Cannes dimostra che la pubblicità tradizionale è una cosa del passato. I brand si stanno reinventando, cercando modi innovativi di restare in contatto con i loro consumatori. In generale i lavori sono di grande ispirazione e questo è ancora il più importante festival del nostro settore».
Il nostro mestiere ha a che fare con arti applicate, creatività, idee. Cosa vorreste creare di nuovo?
Viega: «In AKQA São Paulo, abbiamo il compito di creare nostri prodotti e occasioni di business e diventare clienti di noi stessi. il nostro sogno è creare qualcosa che abbia la forza di cambiare uno specifico problema a livello mondiale».
Machado: «Nel nostro settore non c’è mai stato un momento migliore per essere dei creativi. Ok… c’erano i tempi di Mad Men, dove gli stipendi e il glamour erano scintillanti. Ma essere in grado di avere a disposizione così tanti strumenti innovativi e piattaforme sui cui portare le nostre idee più creative è veramente una benedizione».
Dylan Lee, Alex Romans, Sara Phillips, Wieden+Kennedy Portland. La pubblicità sta diventando più grande della pubblicità stessa
I copywriter Dylan Lee e Alex Romans e l’art director Sara Phillips di Wieden+Kennedy Portland hanno creato ‘Dream Crazy’ per Nike, vincitrice del Grand Prix Outdoor e del primo Grand Prix nella nuova categoria Entertainment Lions for Sport.
Quali sono i nuovi standard per un lavoro eccezionale, o meglio, quali criteri deve incontrare un lavoro eccezionale al giorno d’oggi?
Romans: «Importa poco quanto le cose cambino: penso che i criteri di un lavoro eccellente rimangano gli stessi. Una grande idea o una grande storia, eseguita perfettamente. E’ esattamente così, così semplice e così difficile».
Lee: «Difficile dirlo, e spesso dipende dal medium. Un sacco di lavori possono sembrare semplici trovate. L’attenzione si accorcia continuamente e gran parte del mondo è drogato di schermi e social media, dunque la pubblicità deve colpire in modo rapido. Ma se la maggior parte dei lavori sono scherzi o gimmick, per emergere dobbiamo sollevarci da tutto ciò. La gente ama i film e i libri: racconta dunque una storia migliore, che ti faccia risaltare».
Phillips: «Una grande idea o una grande storia resiste alla sfida del tempo. Un pensiero che risuona, sfida, ispira è potente su tutti i media e agnostico rispetto al tempo. Alla fine, i criteri restano gli stessi».
Secondo voi il settore sta cambiando in meglio o in peggio?
Romans: «Il mondo intero in questo momento si sta prendendo molto sul serio, e questo è il risultato. Penso che il settore si senta in dovere di proporre idee piene di significato invece che cose stupide o frivole. Forse, se il 2020 andrà bene (teniamo le dita incrociate), vedremo il pendolo spostarsi nella direzione opposta».
Lee: «Se guardi alle campagne il tema è evidente: le cause sociali vincono. Il nostro settore è molto progressista e molti di noi hanno realizzato di dover dire qualcosa per aiutare il mondo a migliorare. Quando la pubblicità diventa più che una pubblicità, stiamo facendo qualcosa che ha un significato più grande e migliora il nostro settore. Ma non vuol dire che sia semplice e che tutti siano d’accordo. Sono un grande fan dell’uso della pubblicità per fare del bene, ma non tutti i budget (o decisioni di un giudice) portano a una campagna di pubblica utilità».
Phillips: «E’ una cosa grandiosa vedere i brand che prendono posizione e vedere come la pubblicità abbia riflesso tutto ciò quest’anno, ma spero che ci sia sempre un buon mix. Il potere della risata non deve essere sottostimato, come anche, auspicabilmente, l’equilibrio tra i due poli».
Il nostro mestiere ha a che fare con arti applicate, creatività, idee. Cosa vorreste creare di nuovo?
Romans: «Che ne dici di un premio dove, invece di un trofeo, ogni vincitore prende un biglietto della lotteria con la possibilità di vincere tutto il ricavato delle iscrizioni?».
Lee: «Inventerei l’Allungatore di Attenzione. Immagino che dovrebbe essere un’app».
Phillips: «Soldi che crescono sugli alberi o un’idea per lo spot della Coca-Cola per il Super Bowl, nell’ordine che volete».
Laszlo Szloboda, FCB New York. Far ridere le persone è diventata una forma d’arte sottovalutata
Laszlo Szloboda, Associate Creative Director di FCB New York, è uno dei creativi dietro Whopper Detour di Burger King, il maggior vincitore dei Cannes Lions di quest’anno, con tre Grand Prix in Direct, Mobile e Titanium.
Cosa c’era di veramente speciale o di diverso nel tuo lavoro premiato?
Szloboda: «Whopper Detour è una di quelle campagne che vanno totalmente contro la logica. Burger King aveva già offerto alle persone un Whopper a un penny se avessero scaricato la nuova app ma non aveva funzionato molto bene. Mandando i clienti di Burger King a sbloccare l’offerta in territorio nemico, complicando la promozione e lanciando un film che spiegava come fare lungo due minuti, abbiamo infranto un sacco di regole non scritte del marketing, solo immaginando che le persone avrebbero pensato “E’ divertente”. E l’hanno fatto sul serio».
Secondo te il settore sta cambiando in meglio o in peggio?
Szloboda: «Siamo in una nuova era della comunicazione di massa e questo dovrebbe essere esaltante. Molti lavori iper-targetizzati sono possibili grazie a internet e i marketer oggi sanno molto di più delle persone a cui stanno parlando. Usare questa conoscenza creativamente e senza essere invadenti sta diventando interessante. E la useremo, specialmente per BK ;)».
Il nostro mestiere ha a che fare con arti applicate, creatività, idee. Cosa vorreste creare di nuovo?
Szloboda: «Penso che la pubblicità si stia prendendo troppo sul serio negli ultimi anni. Le campagne divertenti raramente vengono premiate perché non pretendono di cambiare il mondo. Ma non è detto che ogni campagna debba cambiare il mondo e mi piacerebbe veramente riportare la comicità sotto i riflettori, in un modo o in un altro. Dopotutto, non fa male fare cose divertenti, e noi l’abbiamo dimostrato. Ma far ridere le persone pare essere diventata una forma d’arte sottovalutata».