L’attitudine sociale di un brand non è una moda. Dalla responsabilità sociale dipende anche la fiducia che l’azienda saprà guadagnarsi gestendo responsabilmente dati e privacy. E in un mondo dove ogni persona e ogni oggetto saranno connessi attraverso un’infrastruttura digitale, cambia anche il lavoro di chi comunica. Intervista con Amir Kassaei, Chief Creative Officer di DDB Worldwide, che sarà presidente della giuria Film al Festival Cannes Lions
Alla scorsa edizione del Festival è emerso tra i principali trend quello identificato come ‘social good’. Moda o punto di non ritorno?
Credo che nessuno possa avere niente contro brand che hanno anche uno scopo sociale. Finché, almeno, questo scopo è reale e affine al modello di business così come lo è il modo in cui la marca agisce e comunica ogni giorno con ogni consumatore. Non confondiamo questo atteggiamento con idee opportunistiche pensate per vincere qualche premio: questo è inaccettabile, oltre che sbagliato. Essere ‘sociali’ significa avere rispetto per ogni essere umano. E questo non è un trend, è un’attitudine.
Le tecnologie digitali sono pervasive, a volte anche troppo. Come dovrebbe muoversi una marca che voglia utilizzare tecnologie innovative e raccogliere dati utili senza essere percepita come una minaccia per la privacy o intrusiva?
Quello a cui stiamo assistendo è l’inizio del terzo stadio della digitalizzazione, in cui ogni persona e ogni oggetto saranno connessi attraverso un’infrastruttura digitale. Questo progresso tecnologico può rendere la vita di molti di noi più facile, migliore e più efficiente. Ma c’è anche un rovescio della medaglia, come è sempre accaduto. Si può usare la tecnologia per avere un impatto positivo sulla società e la cultura, o per ottenere un’influenza negativa. È compito della responsabilità sociale di ogni marca usare i dati in modo positivo.
Cosa vogliono le persone oggi dalla pubblicità? Come cerchi di assimilare il concetto di user experience nel tuo lavoro e nella relazione tra la marca e il suo pubblico?
Come ho detto prima, in un mondo in cui ognuno e ogni cosa è connesso, il potere passerà dalle corporation e dalle marche alle persone. Perché sapranno tutto in tempo reale. Così, il ruolo dei pubblicitari cambierà dall’essere i comunicatori del messaggio di marca al diventare ‘curatori’ della marca in grado di assicurare che ogni consumatore abbia un’esperienza rilevante e coerente in ogni touch point. È più una questione di animare e distribuire la marca, anziché parlare e promettere.
Cannes Lions ha lanciato la nuova categoria dedicata al Product Design, sulla scia del trend della ‘prodottizzazione del marketing’ e dell’influenza della cultura del design nel marketing e nella comunicazione. Cosa ne pensi?
La comunicazione di marca comincia da prodotto e servizio, così che bisogna pensare alla marca e ai suoi valori, e al loro impatto nella vita delle persone, nel momento stesso in cui si sviluppa un prodotto. Per me il design è più una questione di come un prodotto o un servizio funzionano e meno come appaiono. Per questo, penso che avere questa nuova categoria in competizione sia una buona idea.
Ci suggeriresti un’idea per promuovere Expo 2015 e Milano a turisti e investitori da tutto il mondo?
La capitale mondiale del buon gusto. Perché quando si tratta di idee, l’ingegno diventa buon gusto.