Roberto Leonelli e Marco Venturelli di Publicis Groupe hanno raccontato l’approccio del gruppo alla creatività, partendo dal pluri-premiato progetto Axa ‘Three Words’. Ai giovani: “formatevi delle opinioni, l’IA non le ha”

La creatività come mezzo di risoluzione dei problemi, efficace quanto più centrata sulla strategia e sul posizionamento del cliente, all’interno di una strategia di brand più ampia.
Il premiatissimo case study di Axa ‘Three Words’ ha aperto l’intervento a Intersections di Roberto Leonelli, ceo di Publicis Groupe Italia e managing director Publicis Sapient, e di Marco Venturelli, global ceo e cco di Leo, cco Publicis France e ceo e cco Publicis Conseil Paris. Insieme hanno spiegato ‘lo yin e yang’ della creatività intelligente, vale a dire l’equilibrio tra umanesimo e tecnologia che oggi le agenzie creative affrontano quando si trovano a immaginare soluzioni per i loro clienti.
Soluzioni che non sempre sono storytelling, ma assumono la forma di un contratto d’assicurazione, un’app, un prodotto o un’offerta, ideate con l’obiettivo di risolvere un problema di business del cliente e/o della società. Nel caso di Axa, Publicis Conseil, che ogni anno propone alla compagnia un tema da affrontare in modo creativo, aveva notato un buco nella catena di assistenza delle vittime di violenza domestica, che non hanno un posto dove andare quando devono lasciare la casa.
Un aspetto notato anche grazie al fatto che l’agenzia può guardare il cliente dall’esterno, conoscendo bene il suo business, per portare proposte che fanno davvero la differenza.
«Da un lato in Axa hanno subito capito il potenziale dell’idea, dall’altro sono svenuti perché potete solo immaginare quanto sia complicato implementare il progetto in modo serio – ha raccontato Marco Venturelli -. Ci è voluto un anno e mezzo, ma grazie a quest’iniziativa Axa è passato ad essere da secondo a primo brand e ha visto crescere del 9% i contratti nei primi sei mesi. Questo dimostra bene come la creatività non sia solo raccontare storie, ma risolvere problemi reali, del cliente e della società, nel perimetro di influenza dell’azienda».
L’IA è solo uno strumento, che aiuta a trovare soluzioni nuove. Tra gli esempi di innovazioni che risolvono problemi ideati da Publicis Conseil, l’app creata per Renault per permettere alle persone di affittare le proprie stazioni di ricarica delle auto elettriche, stimolando l’adozione delle stesse. O il Safer Phone con parental control incorporato, creato per Orange.
Appassionato di tecnologia e dati da sempre, anche Roberto Leonelli li vede come abilitatori per creare nuove idee creative. «Succede con tutte le tecnologie, che non hanno bloccato né bloccheranno mai la creatività. Come agenzie, dobbiamo costantemente parlare con tre generazioni di persone e i dati ci aiutano a trovare i veri insight, a capire chi sono realmente i consumatori, permettendoci di trovare nuove idee che funzionano sul serio. Perché, attraverso i dati, scopri cose vere. Puoi conoscere qual che muove le persone, per quali possiamo quindi pensare nuove creatività, prodotti e offerte». Dobbiamo, insomma, considerare i dati in modo più ‘simpatico’, collegandoli istintivamente non a regolamenti e burocrazia ma ad azioni reali.
L’equilibrio tra umanesimo e IA si trova quando l’innovazione viene compresa e abbracciata, spiega Leonelli. «La creatività rimane tra gli aspetti intangibili e umanistici, mentre usiamo l’IA per aspetti più tangibili, per andare ad automatizzare processi e operazioni meccaniche. L’intelligenza artificiale non fa mica tutto da sola, ma automatizza il lavoro che le diamo. Per questo il valore intangibile dell’umanità e della marca non può essere sostituito dall’IA. Che resta un ottimo strumento quando la vediamo come un’opportunità per prenderci più spazio».
Il messaggio ai giovani creativi da parte di Venturelli, è di costruirsi delle opinioni. «L’IA non ha un’opinione. Noi dobbiamo tornare ad essere valorizzati, rispettati e pagati per le nostre opinioni. Non è facile un giovane crearsele perché oggi manca l’opportunità di fare la gavetta, ma ora anche un junior può acquisire una posizione dirigenziale perché di fatto può dirigere un’IA, mettendoci la sua visione».
Stimolare cultura creativa significa coltivare cura e attaccamento. Secondo Venturelli, in un momento così complicato per il settore, il senso di appartenenza e comunità nelle grandi organizzazioni è messo a dura prova. Ma è fondamentale per generare vera cultura creativa. «L’IA sarà interessante e aprirà molte porte, ma ci rende meno parte dell’esperienza umana. Stare su un set crea attaccamento, permette alle persone di tenere a quello che stanno facendo. Per contro l’ondata di riflusso nei confronti dell’intelligenza artificiale sta creando comunità molto incarnate. Che è quello che ci vuole per creare creatività».
F.B.







