Come il ‘Pandoro Gate’ ha fatto scuola in Italia per la regolamentazione dell’influencer marketing e per le conseguenze che possono capitare ai brand, all’estero non mancano casi diversi che, inevitabilmente, hanno finito per danneggiare le marche che hanno avevano ingaggiato influencer senza valutare tutti i rischi.
Come scrive il Financial Times, tutto ciò sta diventando un problema serio parallelamente alla crescita del settore e alla luce della maggiore polarizzazione politica, di questioni sociali controverse e “guerre culturali” che vengono dibattute a mezzo social.
Non stupisce che le agenzie si stanno muovendo per aiutare i clienti nella gestione di queste bombe d’influenza, che talvolta possono scoppiare loro in mano. È il caso di Ogilvy che questa settimana, secondo FT, lancerà un servizio chiamato “Influence Shield” che aiuterà i clienti a gestire i problemi di reputazione generati dalle star social a cui sono legati da un accordo pubblicitario.
La soluzione aiuterebbe a gestire i rischi permettendo alle aziende di valutare e categorizzare le minacce ai loro brand, oltre a fornire strumenti per la compliance e gestione dei contenuti, un monitoraggio continuo dell’attività social, un controllo minuzioso sui contenuti a rischio pubblicati in passato dai potenziali partner dei brand, oltre a un team specializzato in crisis management e nello sviluppo di strategie per rispondere ai disastri reputazionali che stanno montando.
Lo strumento può servire agli stessi influencer per gestire conseguenze non volute della loro attività.
I dati riportati dalla testata dicono che i clienti di Ogilvy investono in media il 35% della loro spesa digitale nell’influencer marketing, quota che può arrivare fino al 70%. A livello globale la creator economy è stata valutata 250 miliardi di dollari nel 2023 e potrebbe raggiungere i 480 miliardi di dollari entro il 2027.