L’intuizione non basta: Landor e Bocconi spiegano come valorizzare e monetizzare la marca

Landor e Bocconi hanno dedicato l’incontro ‘Measuring Brand Performance’ alla quantificazione del contributo economico-finanziario della marca ai risultati aziendali

La marca conta ancora, ma in modo differente rispetto al passato e oggi, tra tecnologia e disconnessioni, le intuizioni sono importanti e però non più sufficienti. Soprattutto, non bastano per trasferire il concetto di valore della marca alla C suite e agli investitori. Lo hanno spiegato Landor e Bocconi nel corso dell’incontro ‘Measuring Brand Performance’ dedicato all’approccio quantitativo per massimizzare il contributo economico-finanziario della marca ai risultati aziendali.

Riassunto in ‘The Value of Connection’, contributo di Antonio Marazza, general manager Souther Europe, e Florestano Compagno, executive director Brand Strategy & Performance di Landor, a ‘The Power of Conntection’, lavoro di Stefania Saviolo, lettrice presso l’Università Bocconi, il concetto di misurazione del valore della marca viene da molto lontano – primo fra tutti l’ultratrentennale Brand Asset Valuator -, è entrato in Borsa con le valutazioni di S&P 500 e assume oggi un significato molto diverso dal passato.

“Il brand conta ancora molto, è la rappresentazione psicologica dell’offerta nella mente delle persone, ed è più importante che mai in un periodo di straordinari sconvolgimenti che si influenzano a vicenda”, ha spiegato Marazza. Quello che cambia è sia ciò eravamo abituati a considerare brand, sia l’approccio che oggi, sostiene Marazza, deve integrare molti più aspetti, può e deve essere esteso anche al mondo B2b, ed è sempre più fondato sul ritorno sugli investimenti, non solo sulla creatività tout court.

Capitale semantico e strategia per Saviolo sono, purtroppo, spesso assenti nella considerazione di tante aziende quando si tratta di coltivare la marca, sottolineando la necessità di una gestione coerente di tutte le attività della marca, mentre “c’è chi pensa che una collab possa sostituire la strategia”. Un capitale che può essere misurato con un approccio quantitativo dando un valore al ruolo della marca all’interno e all’esterno dell’azienda.

Qui, l’istinto – che pure dice tanto – vale poco, ha aggiunto Compagno, e non può essere trasferito a top management e investitori. Anzi, se la marca è una sintesi di business, c’è bisogno “di un linguaggio comune che trasformi il brand da argomento confinato a una funzione aziendale ad asset e motore di valore con impatto misurabile sul P&L”, ricordando che le marche più forti crescono 2,5 volte più delle altre.

Oggi, però, la brand equity “è ancora uno degli asset aziendali più sottovalutati”, ha aggiunto Compagno illustrando le fasi del processo messo a punto da Landor per elevare la marca al ruolo di risorsa strategica.

Casi di successo. Oltre alla teoria, l’agenzia che fa parte di WPP ha presentato alcuni casi di successo per dimostrare “come sia possibile quantificare e prevedere il ritorno di azioni strategiche e di investimenti sui brand, minimizzando il rischio e massimizzando l’impatto economico”, ha detto Marazza.

Sono i casi di Misura, Bancomat e Geox che Landor ha affiancato nel definire posizionamento, architettura di marca, piano strategico e di cui Landor ha raccontato anche una parte dei risultati raggiunti. Serve però una visione di lungo termine che, sostiene Marazza, “è un obiettivo più diffuso di quanto non si creda”.

Anche in Italia, dove – ha aggiunto Compagno – ci sono tante aziende “Industry Champion che dettano il ritmo del loro settore”, imprese familiari con grandi potenzialità di espansione e il tema dell’internazionalizzazione è sempre più all’ordine del giorno.       

A.C.

L’intuizione non basta: Landor e Bocconi spiegano come valorizzare e monetizzare la marca ultima modifica: 2025-10-21T08:59:26+02:00 da Redazione

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