Abbiamo parlato con Niccolò Arletti e Francesco Poletti, Ceo e Cco Italia di LePub, commentando i premi vinti dall’agenzia, le tendenze e i temi forti del festival affrontati in questi giorni con i clienti
Molto soddisfatti per i premi raccolti a Cannes Lions 2024, sia per i numeri che per la qualità – 6 Gold Lions, 5 in più rispetto all’edizione precedente – Niccolò Arletti e Francesco Poletti, Ceo e Cco Italia di LePub, in chiusura di Cannes Lions hanno commentato con BrandNews l’andamento del festival per l’agenzia di Publicis Groupe, i temi più caldi intercettati nelle conversazioni con i loro clienti e nelle tendenze viste al Palais e dintorni e cosa voglia dire ‘make works that resonate in cultures’.
Com’è andato Cannes Lions per LePub? Soddisfatti dei premi raccolti?
“È un palmares molto soddisfacente in termini di numeri e qualità dei premi, visto quanto sono cresciuti gli ori. La prossima sfida sarà lavorare ancora di più con i clienti per fare crescere la rilevanza delle loro marche”, risponde Poletti anticipando svariate vittorie in gare per brand italiani che hanno ambizioni internazionali.
Quest’anno LePub ha vinto soprattutto grazie ai lavori per Heineken: è abbastanza?
“Non vogliamo vincere solo con Heineken e infatti siamo arrivati a Cannes Lions con tanti lavori, molti dei quali non hanno portato quello che ci aspettavamo”, ammette Poletti, convinto – per esempio – che il progetto ‘Second Hand Pasta‘ per Barilla con Marie Kondo non sia stato capito. “Siamo l’unica agenzia internazionale di matrice italiana”, aggiunge Arletti. “Vogliamo spingere ancora di più sulla creatività, lavorando sulla vocazione internazionale di LePub e sulla sua capacità strategica”. Il che vuol dire lavorare di più con aziende italiane che vogliono crescere su altri mercati. Troppo spesso, aggiunge il Ceo di LePub, quando in Italia si collabora per un cliente internazionale, si fa soprattutto adattamento di lavori del network. “Per LePub è diverso”, sottolinea Arletti.
Quali sono stati i temi strategici e gli argomenti creativi che avete affrontato insieme con i vostri clienti in queste giornate di Cannes Lions?
“Un tema che è tornato molto spesso è quello dell’entertainment: tanti marketer italiani sono stupiti dalla spettacolarità di molti lavori, a partire da DOOH, FOOH e applicazioni tecnologiche e sono molto curiosi di capire come costruire grandi show”, spiega Poletti. Aggiungendo che nella cura che LePub ha dei suoi clienti rientra anche la capacità di mostrare il ruolo fondamentale della ‘big idea’, visto che l’effetto novità di istallazioni 3D e droni sfavillanti di luci passa molto in fretta.
Un altro tema è tornare a ragionare sul lungo periodo, aggiunge Arletti. “Le grandi marche globali hanno capito quanto sia importante intercettare emotivamente i consumatori e vogliono investire nel medio-lungo periodo. Da lì, la conversione è assicurata perché sono entrate nelle loro menti. Tatticismo e qui e ora producono subito risultati, ma ogni volta bisogna ricominciare da zero. La linea di LePub è far sì che le marche dei nostri clienti diventino culturalmente rilevanti, attraverso insight chirurgici, risolvendo i problemi dei consumatori”.
Non è un compito facile, convincere che la mera ricerca di performance non porta molto lontano, come fate?
“Non vogliamo essere respingenti, come una boutique creativa con la puzza sotto il naso. Certo che vogliamo accontentare i Cmo delle aziende, ma solo facendo in modo che possano far crescere la marca e che la marca sia rilevante”, sostiene Arletti.
Cosa vuol dire ‘make works that resonate in cultures’?
“Partendo dal fatto che il termine cultura in inglese ha molte più sfumature di quante ne abbia in italiano, credo che la perifrasi migliore di ‘cultures’ sia tessuto sociale. Di conseguenza, essere rilevanti nel tessuto sociale significa intercettare un problema, una tensione, un punto di rottura e risolverlo”, aggiunge il Ceo di LePub.
L’esempio migliore, per Poletti, è ‘Pub Museums’ in cui LePub, con Publicis Dublin, ha trasformato in musei virtuali i pub storici irlandesi per entrare nel territorio di Guinness proponendo una soluzione ai proprietari di pub alle prese con costi crescenti che mettono a rischio la loro sopravvivenza, e per parlare con uno stakeholder importante di Heineken, ovvero il canale Horeca che vale per la multinazionale della birra il 44% del suo giro d’affari. Sulla stessa linea, ricorda Arletti c’è stato il progetto ‘Passive Cooking’ per Barilla quando, dopo l’invasione dell’Ucraina, i costi del gas sono saliti alle stelle e così quelli per la cottura di un semplice piatto di pasta.
Quali lavori vi hanno colpito di più a Cannes Lions e che condividerete con i colleghi?
“La nuova dimensione che sta trovando l’IA, ovvero quella di strumento, una sorta di co-creator, che non viene utilizzata tanto per poter dire di averla usata, ma per fare qualcosa di concreto, come nella campagna Pedigree che rende più facilmente adottabili i cani abbandonati. Checché ne dica Elon Musk, non ci ruberà il lavoro”, dice Poletti. Per Arletti, invece, un elemento importante da portare a casa e condividere con clienti e colleghi è il grande ritorno dell’ironia.
“Il registro ironico nel nostro lavoro è sempre stato importante, e dopo anni di toni cupi, seri e pesanti, mi sembra che questa catena sia sia spezzata, prima di tutto nella percezione dei consumatori: per quanti problemi abbiano, hanno anche voglia di un po’ di leggerezza e le marche hanno cominciato a percepire questo cambio di marcia. Bisogna trovare la chiave giusta per divertire, non importa il canale attraverso cui lo si fa. Ridere e proteggere l’ambiente e le minoranze non sono cose incompatibili”.
A.C.