Ci sono tutti i grandi gruppi dell’advertising più S4Capital, Stagwell e media come New York Times, Washington Post e un centinaio di sigle indipendenti note e meno note tra quelle nella ‘lista nera’ stilata da Clean Creatives e Comms Declare, collettivo di strategist, creativi e professionisti del settore che si batte contro il cambiamento climatico.
Lunedì hanno pubblicato un report che accusa praticamente tutto il mercato di propagandare il greenwashing: nonostante dichiarino di avere a cuore l’ambiente, tutte le agenzie di pubblicità e PR citate lavorano con clienti attivi nel campo dei combustibili fossili.
La ricerca F-List 2022 nelle sue quattro parti racconta il lavoro di 15 anni di attivismo per limitare le campagne di ‘Big Oil’, cita le 239 agenzie che attualmente lavorano per tali clienti, illustra una serie di case study globali e fornisce una valutazione delle agenzie suddette.
Clean Creatives ha notato che spesso dai siti delle agenzie mancano o sono stati cancellati i riferimenti delle campagne realizzate per i clienti del settore, dunque è andata a recuperare i dati su cui si basa lo studio da archivi che dimostrano il legame con i clienti e contrastano con le dichiarazioni delle agenzie a tema ‘net zero’.
Dal report emerge che 17 agenzie hanno lavorato con Saudi Aramco: tra queste una nuova, Well7, di Interpublic Mediabrands insieme a McCann, UM, Jack Morton. Che il colosso del carbone Glencore ha fatto molte campagne su pannelli solari, veicoli elettrici e turbine eoliche ma il suo core business resta il carbone, contestate dall’Authority australiana. E che Edelman, la principale indipendente citata, a inizio 2022 ha dichiarato che avrebbe smesso di lavorare con clienti ‘fossili’, qualche progresso l’ha fatto ma ne rimangono ancora diversi.