Cresce la raccolta pubblicitaria di Spotify in Italia nonostante il contesto problematico, con un andamento allineato ai risultati global. Ora vale il 15% del totale ricavi e c’è ancora un significativo spazio per crescere. I clienti cercano innovazione e consulenza
Nostalgici di quando le cose erano meno complicate, spesso in fuga dal rumore dei social media, sono attenti alla propria salute mentale e sono anche più propensi a definirsi ‘stressati’, sempre in cerca di modi per esprimere se stessi, non solo attraverso i consumi ma anche creando in prima persona.
Questa in estrema sintesi la fotografia della Generazione Z scattata dalla quarta edizione di Culture Next, la ricerca annuale di Spotify che indaga la generazione che più di tutte incide nel plasmare la cultura contemporanea e il suo rapporto con il digital audio.
In occasione della presentazione dei dati italiani abbiamo conversato con Khurrum Malik, Head of Advertising Business Marketing Spotify, per la prima volta in Italia, Kristiana Carlet, da gennaio Head of International Advertising Sales dopo 21 anni in Yahoo/Verizon, e Alberto Mazzieri, Head of Sales di Spotify Southern Europe.
Supporto e fiducia. «Uno degli insight più significativi per gli inserzionisti pubblicitari è che dal digital audio i giovani vogliono supporto e fiducia – spiega Khurrum Malik -. Specie i podcast sono visti come una voce fidata, uno spazio sicuro che, grazie a creator di fiducia, permette loro di evitare il rumore dei social e di concentrarsi su se stessi. E infatti lo scorso anno l’ascolto dei podcast è cresciuto del 44% tra le persone tra i 18 e i 24 anni. Questo è uno dei pattern che abbiamo notato pressoché ovunque, insieme alla nostalgia del passato e di quando le cose parevano più semplici, riscontrata nelle playlist create dagli utenti. Questa sensibilità li rende particolarmente esigenti anche nei confronti dei brand e della pubblicità che ascoltano».
Si inscrive proprio in questo trend la playlist realizzata da Spotify insieme a Netflix con le canzoni anni ‘80 della quarta stagione di ‘Stranger Things’, i cui stream sono schizzati in su dal debutto della serie qualche settimana fa. E per soddisfare il desiderio di contenuti personalizzati, l’app compone per ognuno una playlist ‘salvavita’ analizzando i dati d’ascolto.
Tali aspettative e la relativa novità del digital audio possono a volte spaventare gli inserzionisti. Per questo Spotify affianca e educa i clienti nella definizione dell’approccio alla pubblicità audio, anche attraverso lo studio interno che permette di produrre creatività adeguate. «L’audience è molto esigente e i clienti devono essere consapevoli di quella linea sottile che separa l’essere troppo centrati su di sé dal dare al loro pubblico quello che esso giudica rilevante. La pubblicità deve essere molto aderente al contesto nei modi e nei tempi» spiega Kristiana Carlet. Per fare un esempio, guai a voler mettere uno spot rumoroso in una playlist dedicata allo yoga.
E non è l’unico errore in cui possono cadere gli spender, dice Khurrum Malik. «Il primo, sicuramente, è voler portare su Spotify lo spot tv o radio così com’è. Il secondo è avere obiettivi poco chiari e scegliere dunque il formato e la creatività sbagliati. Terzo, ci sono formati e creatività, come anche collaborazioni con i voice talent, adeguate a un certo tipo di azienda e un certo tipo di brand che invece non si prestano ad altre». Per comunicare bene, insomma, anche il cliente deve fare prima un buon lavoro di auto-analisi.
Anche il branded content è un’opportunità, ma che va adeguatamente promossa ed è buona cosa produrli insieme a voci note e amate. Un contenuto prodotto dai brand è raro che venga trovato organicamente, bisogna guidare il pubblico alla scoperta. Un buon lavoro, ad esempio, è stato quello fatto da Unilever durante la pandemia nel 2020 quando ha realizzato un podcast per intrattenere i bambini mentre i genitori lavoravano da casa. “Devi essere riconoscibile e fidato, perché le aspettative sono alte. E tutto ciò nella GenZ è amplificato” dice Carlet.
I clienti chiedono anche più innovazione come API che permettono di integrare meglio dati, pianificazioni e transazioni. Altre opportunità da coltivare secondo Malik sono l’area del direct response, le auction e le esperienze visive, ad esempio per i podcast. Negli Usa, infatti, sta diventando sempre più comune la fruizione dei podcast in video, che offre dunque l’opportunità di nuove inventory.
La raccolta pubblicitaria in Italia cresce e su Spotify è ormai possibile trovare tutti i settori merceologici. «Entertainment, beverage e musica sono i settori più organicamente affini – spiega Alberto Mazzieri – ma investono molto anche retail, inclusa la godo, e CPG, che è il verticale più grande. L’Italia sta registrando una crescita importante, nonostante il contesto difficile, con risultati allineati a quelli global. Il forecast per il secondo semestre è incerto, tra guerra, inflazione e ritardi nella supply chain, ma il margine di crescita è comunque enorme.
A livello globale Spotify ha raggiunto il miliardo di ricavi pubblicitari a fine 2021. Ha chiuso il 4Q 2021 con ricavi pubblicitari per 394 milioni di euro, in crescita del 40% anno su anno. Si tratta del 15% dei ricavi totali, che ammontano a 2,6 miliardi di euro nel Q4 2021. Nel Q1 2022 tale quota è stata pari all’11% (il miglior primo trimestre di sempre), con una crescita del 31% YoY e un valore di 282 milioni di euro. I risultati del 2Q e primo semestre verranno annunciati il 27 luglio.
In occasione dell’ultimo Investor Day, Dawn Ostroff, Chief Content & Advertising Business Officer di Spotify, ha affermato che “sono finiti i tempi in cui gli annunci rappresentavano meno del 10% delle entrate totali di Spotify. La pubblicità è ora pronta a diventare un fattore chiave per la crescita del gruppo. A lungo termine, prevediamo che le entrate advertising supereranno i 10 miliardi di euro all’anno”.