PwC Italia ha organizzato a Milano il primo di una serie di incontri dedicati a indagare l’impatto della GenAI partendo dai media perché proprio questo settore è stato spesso “tra i primi incubatori di innovazione”, ha spiegato Maria Teresa Capobianco, Technology, Media and Telecommunications Leader della società di consulenza.
Tre interventi introduttivi hanno inquadrato le prospettive legali, regolatorie ed etiche con le disamine di Maja Cappello, Head of Department for Legal Information dell’Osservatorio Europeo dell’Audiovisivo, Massimiliano Capitanio, commissario Agcom, Lorenzo Maternini, componente del Comitato sull’IA presso la presidenza del consiglio dei Ministri, poi il dibattito sulle ombre sociali e tecnologiche della GenAI è entrato nel vivo con due panel.
Black Mirror. Nel primo, dedicato all’impatto sulla creazione e produzione di contenuti, Federico Silvestri, Direttore Generale Media & Business Gruppo 24Ore, e Mauro Crippa, Direttore Generale dell’informazione Mediaset, hanno difeso i confini della produzione di informazione all’interno delle redazioni.
Per Silvestri l’IA “sta influenzando molto, e per contro, non dovrebbe influenzare per nulla la professione giornalistica”, in cui indipendenza e intuito sono ancora elementi fondamentali “se vogliamo continuare a garantire un’informazione veritiera e autorevole”. Per questo, l’approccio del Sole 24 Ore è usare l’IA come ‘assistente’ in redazione e niente accordi, almeno per ora, con OpenAI perché è “molto importante per non scrivere una nuova puntata di ‘Black Mirror’. Questa è una rivoluzione e non è necessario correre”, ha commentato Silvestri, difendendo i contenuti quale più grande patrimonio di un editore. “Perché dovrei darglieli? Cosa ne ricavo? Finché non ho risposte a queste domande, aspetto”, ha aggiunto sottolineando che il tema normativo non è presidiato e che “in una situazione di incertezza i news brand devono giocare un ruolo da garante”.
Più severo ancora il punto di vista di Crippa, preoccupato dalla distribuzione dell’IA sugli smartphone che “darà ancor più quantità e dettagli dei nostri dati alle piattaforme”, dal fatto che “l’IA non è neutra ed è sovranazionale” e non sarà l’AI Act europeo a fermare le azioni di chi sta a Palo Alto e nella Silicon Valley. Crippa ha fatto un parallelo con il digital, “strumento per migliorare la qualità del lavoro, ma che non interveniva sul lavoro stesso del giornalista, lavoro che si distingue, tra le altre cose, per la responsabilità. Con l’IA tutto questo è finito”, ha aggiunto sostenendo che non basta smascherare i fake prodotti dall’IA perché ogni fake è una picconata alla fiducia nel sistema dell’informazione.
Bene le tecnologie per ingegnerizzare i processi, ha detto Crippa, ma l’attività giornalistica non si tocca: anche se certe notizie come meteo, traffico e borsa “possono essere ben fatte dall’IA, gli editori più responsabili devono tenersi alla larga dalle facili sostituzioni”. Non sarà semplice, perché i conti economici sono sempre in equilibro precario, ma per Crippa ci vuole un’etichetta ‘IA free’ per tutti i contenuti di informazione.
AI e advertising è stato il tema del secondo panel, con Andrea Santagata, AD di Mondadori Media, Paola Colombo, General Manager Publitalia ’80, Enrico Torlaschi, Responsabile Web & Communications Solutions Italiaonline, e Federica Setti, Chief Research Officer GroupM Italy.
Sebbene Santagata si sia detto d’accordo con Crippa sulla creazione di contenuti, che siano libri o ricette, è anche vero, ha aggiunto, che si può lavorare con l’IA per renderli più fruibili, come ha fatto Giallo Zafferano che grazie all’IA oggi è disponibile non solo in italiano, ma anche in inglese, francese, tedesco, spagnolo e portoghese, con un potenziale di pubblico immenso.
Altra cosa è la pubblicità, cui l’IA – ha aggiunto Santagata – permette, per esempio, di applicare al performance adv sistemi predittivi che danno un grado di probabilità di conversione decisamente superiore, fare iper-profilazione o aiutare ad allocare meglio i budget sul digitale.
Pubblicità profilata di cui anche Colombo ha evidenziato il maggior valore perché permette ai brand di parlare ai consumatori con un’alta personalizzazione senza infrangere la privacy grazie alla creazione di data-set su cui fare simulazioni creando profili di audience per niente invadenti. L’IA in Publitalia viene utilizzata in alcune componenti, ha aggiunto Colombo, che permettono di modellare l’esperienza pubblicitaria “per ridurre il gap con le grandi piattaforme”, integrare meglio contenuti editoriali e pubblicitari e declinare la creatività a portata di PMI, come la piattaforma AdManager appena lanciata. Che l’IA possa fare molto per lo small business, coda lunghissima e larghissima di piccoli investitori pubblicitari sulle grandi piattaforme, lo ha confermato anche Torlaschi, ricordando l’ormai quinquennale esperienza della Digital Factory di Italiaonline.
Segnali deboli. Impegnata su più tavoli, compreso quello di Assirm dove GroupM ha presentato una sua visione sull’impatto dell’IA su media e comunicazione, Setti ha parlato dei tanti segnali deboli emersi in tema di lavorazione dei dati per la generazione di insight, di “ombre” per cui è necessaria tanta education per “valutare output che oggi non rispecchiano pienamente i bisogni” di una media investment company, estrapolando infine alcuni concetti intorno al tema creatività/media e IA, emersi da una recente ricerca di GroupM. Le parole chiave, ha detto, sono “accelerazione, real time e sperimentazione, immaginando di avere un assistente virtuale che aiuti nel brain storming creativo, adattando e rimodellando la pubblicità e sperimentando per imparare”.
Per Setti l’IA applicata alla creatività “abilita a usare meglio il cervello umano”. Il che, ha aggiunto, sembra alquanto necessario “in un’età di mediocrità creativa” in cui loghi, immagini e pack delle aziende del lusso sono diventati indistinguibili. “L’intelligenza umana può utilizzare gli strumenti di IA per fare qualcosa di meglio” nella creatività pubblicitaria, ha aggiunto, invitando a guardare lo spot ‘Women in football’ di Orange a proposito di binomio IA e creatività.
IA e OTT. La discussione avviata da PwC prende spunto dalle stime dell’Entertainment & Media Outlook in Italy 2024-2028 che registra un’importante crescita della raccolta pubblicitaria all’interno del segmento video sulle piattaforme Over the Top (OTT), con un CAGR del +12,6% tra il 2023 e il 2028, crescita incentivata dall’adozione di modelli di business basati sull’advertising da parte delle principali piattaforme VoD e che nell’AI trovano un’importante opportunità in termini di crescita, efficienza operativa e sfruttamento di nuove fonti di ricavi.
L’IA consente infatti agli OTT di perfezionare gli investimenti in contenuti facendo aderire i prodotti ai gusti del pubblico, perfezionare la CX con gli algoritmi predittivi e ridefinire ogni fase creativa, dalla pre-produzione al doppiaggio, sottolinea l’outlook di PwC, per quanto gli scioperi di attori e sceneggiatori statunitensi del 2023 abbiano offerto una prova di resistenza paralizzando l’industria audiovisiva.
A.C.