Interpublic Group e Havas Media hanno consigliato i clienti di mettere in pausa la pubblicità su Twitter in attesa di ulteriori garanzie dopo l’acquisizione di Elon Musk. Se ne vanno i manager della pubblicità
L’acquisizione di Twitter da parte di Elon Musk ha portato un certo scompiglio nelle agenzie media e, anche se il nuovo proprietario ha promesso che la piattaforma non diventerà una cloaca preda di cospirazionisti e violenti (testualmente “free-for-all hellscape”), la cautela è d’obbligo.
Secondo quanto riporta il Wall Street Journal, Interpublic Group e Havas Media hanno consigliato i clienti di mettere in pausa la pubblicità su Twitter in attesa di ulteriori garanzie a salvaguardia del buon nome dei loro brand. Secondo l’email di IPG riportata dal WSJ “la situazione attuale è imprevedibile e caotica, cattivi attori e comportamenti nocivi possono prosperare in un tale ambiente. Al momento, non possiamo affermare con sicurezza che Twitter sia un posto sicuro per i brand”. Il gruppo si è poi offerto di aiutare i clienti a gestire i contratti non annullabili con Twitter e a modificarne i termini.
Da parte sua Havas non ha nascosto i suoi dubbi sulla capacità di Twitter di monitorare i contenuti che girano sulla piattaforma. Le altre agenzie stanno osservando attentamente l’evolversi degli eventi.
D’altra parte la confusione non manca in questi primi giorni in cui Twitter si sta preparando a diventare privata. Lunedì Yoel Roth, head of safety and integrity della piattaforma, twittava sul fenomeno della crescita dei contenuti d’odio su Twitter e delle azioni fatte per rimuovere oltre 1.500 account e ridurre a quasi zero le loro impression. Ma nel mentre proliferavano le truffe collegate alla notizia che le ‘spunte blu’ sarebbero diventate a pagamento.
Contemporaneamente Sarah Personette, chief customer officer e responsabile della raccolta pubblicitaria, ha dichiarato il 1° novembre di essersi dimessa il venerdì della settimana scorsa. Appena il giorno prima aveva mandato un’email ai principali clienti affermando che le policy non sarebbero cambiate e assicurando il “profondo coinvolgimento di Musk nel prodotto e nella tecnologia”.
Ieri AdAge ha pubblicato la notizia dell’uscita di altri due top manager della pubblicità. Si tratta del chief marketing officer Leslie Berland – in azienda dal 2011 e che curiosamente aveva accompagnato Musk a fare il giro degli uffici subito dopo la chiusura dell’accordo di acquisizione dal valore di 44 miliardi di dollari – e di Jean-Philippe Maheu, vice president of global client solutions; non si sa se usciti dall’azienda di propria volontà o ‘accompagnati’ alla porta nel quadro del piano di ristrutturazione che vedrà ridursi del 25% il personale di Twitter nel mondo. Giovedì scorso, le prime teste a cadere erano state quelle del ceo Parag Agrawal e del chief financial officer Ned Segal.
Ad aumentare le perplessità delle aziende, ha contribuito il 1° novembre il gruppo di advocacy Free Press – che include più di 40 organizzazioni attive nella società civile – che ha mandato una lettera aperta ai 20 top spender di Twitter per pregarli di far pressione su Elon Musk affinché non ceda sulle politiche di moderazione dei contenuti e, qualora non lo facesse, di sospendere la pubblicità. Collettivamente queste aziende – Procter & Gamble, Amazon, Apple, Anheuser-Busch, Best Buy, Google, Meta, Coca-Cola Company, Capital One, CBS, Comcast, Disney, Merck, CenturyLink, HBO, IBM, Mondelez, PepsiCo, Unilever, Verizon – hanno speso 238 milioni di dollari su Twitter nel 2022.
Tra le aziende che al momento hanno fermato la pubblicità a pagamento su Twitter ci sono Volkswagen e Audi, General Motors, L’Oreal, General Mills, Mondelez International e Pfizer.