L’errore di calcolo che ha generato dati enormemente pompati, tra il 60 e l’80%, rende ancora più necessario il controllo di terze parti indipendenti sui dati prodotti dai big della rete
Quando Facebook aveva lanciato i social video era stato grande l’entusiasmo, tanto da far gridare al sorpasso su YouTube e, giusto per non farsi mancare nulla, anche sulla tv. E, in virtù di visualizzazioni in crescita vertiginosa, è stata condotta una strategia volta a convincere gli inserzionisti a preferire i video nativi sul social media.
Emerge ora che per due anni Facebook ha contabilizzato le views in modo improprio, di fatto gonfiando i dati: come spiega il Wall Street Journal, che ha ricostruito il caso, era stata la stessa Facebook a dar notizia del problema nel blog dedicato agli inserzionisti, sul quale presentava una nuova metodologia volta a risolvere l’artificio che portava a sovrastimare il tempo medio passato dagli utenti guardando video sul social network. Per due anni sono stati quindi presi in considerazione solo i video guardati per oltre 3 secondi, che alzavano appunto la media escludendo quell’80% di pubblico (stime GroupM) che non guarda video o li guarda per meno di 3 secondi passando rapidamente oltre.
Come hanno spiegato dall’azienda, il problema non ha inciso sulla fatturazione ed è stato corretto; tuttavia il problema si è riversato sui network media che hanno dovuto spiegare ai clienti – ovviamente irritati – che gli spazi acquistati su Facebook non garantivano tutti quei ritorni che erano stati promessi e che le decisioni riguardanti la ripartizione dei budget pubblicitari connessi alle strategie video – tv, digital, social – poggiavano su basi errate.
Ad esempio, nella lettera mandata da Publicis Media ai clienti e ottenuta dal WSJ viene spiegato che a causa di questo errore il tempo medio di visualizzazione dei video è stato sovrastimato tra il 60 e l’80%, sballando quindi i calcoli sulla portata effettiva delle campagne. Sempre nella nota mandata da Publicis ai clienti si legge “Nel tentativo di prendere le distanze da rilevazioni errate, Facebook introduce ‘nuovi’ parametri nel mese di settembre. In sostanza, si inventa nuove diciture per quello che avrebbe dovuto misurare fin dall’inizio… Questo chiarisce ancora una volta l’assoluta necessità di una terza parte incaricata del monitoraggio e della verifica della piattaforma Facebook. Due anni di dati sulle performance gonfiati sono inaccettabili”.
Anche secondo Martin Sorrell, ceo di WPP, interpellato da Bloomberg, questo errore dimostra quanto siano necessari controlli di terze parti indipendenti sui numeri e risultati delle campagne sui social media, apertura che è stata fatta solo recentemente ed è ancora, evidentemente, insufficiente.