Chi sono, a cosa aspirano e quale ruolo attribuiscono ai brand i giovani nativi digitali al centro del primo di due appuntamenti dedicati agli insight di Z Factor, l’Osservatorio di Havas Media e ZooCom che fornisce le ‘Golden Rules’ della comunicazione con i nativi digitali
Sono i nativi digitali, fratelli minori dei Millennial, la generazione del prossimo futuro: la Generazione Z è al centro di una ricerca quali-quantitativa realizzata da Havas Media e ZooCom, nata dalla consapevolezza di quanto profonde siano le differenze tra gruppi di persone separate da pochi anni d’età.
Per studiare una generazione così complessa Havas Media e ZooCom hanno adottato un duplice approccio: 12 focus group con 72 ragazzi e ragazze che hanno coperto diverse aree del Paese in 4 città, rappresentative di Nord, Centro e Sud, e che hanno permesso di indagare come e quali media la Generazione Z consumi, i canali di riferimento, cosa sia ‘cool’ per i nati tra il 1995 e il 2010, quali processi d’acquisto caratterizzino le diverse aree per definire gli stili di vita nello scenario nazionale.
Un questionario ha poi indagato circa 10mila individui tra i 13 e i 35 anni che fanno parte di ScuolaZoo, la più grande community a cui gli studenti raccontano sé stessi in modo spontaneo.
L’Osservatorio, che mette a confronto 3 segmenti generazionali – 13-18enni, 19-23enni e 24-34enni – ha così portato alla definizione delle ‘Golden Rules’ della comunicazione per i brand che intendano diventare rilevanti per questa generazione che già oggi è ‘influencer’ e secondo ‘responsabile d’acquisto’, dopo le mamme, per le spese dei nuclei familiari italiani.
Generazione digitale. Del telefono non possono fare a meno, è il primo oggetto che incontrano al risveglio, l’ultimo che abbandonano prima di addormentarsi, lo usano per apparire sui social, per flirtare, per informarsi: il 52% dei 13-18enni non può più pensare a una vita senza smartphone. Hanno una grande fiducia del digital tanto che oltre il 78% dichiara che le nuove tecnologie semplificano la vita, ma non sono altrettanto attenti alle normative sulla privacy. Allo smartphone affiancano comunque il personal computer, che rimane un dispositivo importante per fare acquisti online e cercare informazioni.
Lo schermo della TV. È la prima generazione mobile-first, ma alla TV non rinuncia, anche se è tutt’altra cosa rispetto a quella conosciuta fino a oggi. “I più giovani guardano ancora la TV, ma la loro fruizione è completamente cambiata rispetto ad altre generazioni, intrecciandosi con l’on-demand. Sono dei maestri nel miscelare binge watching solitari a show da seguire in live condividendo opinioni con la loro community”, spiega Guido Surci, Chief Sports & Intelligence Officer di Havas Media.
Netflix e i video on-demand stanno prendendo il posto della TV lineare anche perché con il crescere dell’età aumenta anche la capacità di scelta di ciò che si vuole guardare, la loro potenza è il loro stesso limite: una mole immensa di contenuti complica la scelta e la visione.
Ma nella dieta mediatica della Generazione Z non ci sono solo video: la radio è infatti il sottofondo per molti di loro, con il 68,1% dei ragazzi che la ascoltano ogni giorno. Della radio apprezzano il fatto che non richieda un ascolto attento e costante e l’offerta via web che li solleva dalla necessità di scegliere la musica da ascoltare, proposta dalle emittenti in playlist affini ai loro gusti, con le tracce da recuperare attraverso Shazam e scaricare da YouTube.
Lo specchio dei social. Ogni social ha una funzione ben definita. Instagram è il più amato, aggregatore di interessi, spazio dove aggiornarsi e apparire, ma anche dove ‘spiare’ amici e influencer mentre raccontano la loro giornata, Facebook è usato sempre meno, soprattutto dagli under 18 a causa della massiccia presenza dei genitori mentre per gli over 24 gruppi e community sono ancora un punto di riferimento; più che un social network è un ‘info-network’ dove aggiornarsi su attualità, news ed eventi.
L’approdo più comune è YouTube, fonte di ispirazione per le nuove tendenze musicali e per i tutorial, molto amati dalle ragazze, ma la piattaforma video è pochissimo utilizzata per la produzione e condivisione di contenuti.
È la fine del mito del ‘prosumer’, della produzione di contenuti dal basso: solo il 6% circa del tempo speso sui social è infatti dedicato alla creazione di contenuti. La ricerca sottolinea infatti la matrice passiva della maggior parte delle attività sui social, come se il modello televisivo fosse stato esportato sugli schermi degli smartphone.
Anche per la musica ci si affida agli algoritmi di Spotify, che permette di ascoltare brani affini ai gusti registrati dalle piattaforme, senza dover investire tempo e curiosità nella ricerca di nuovi contenuti. Quindi appare chiaro come il paradigma si sia invertito. Il modello prosumer resiste nelle Instagram Stories e nelle Community Social.
Meno casuale, anzi fortemente strategica, la caccia ai like, sorta di vanity metrics per misurare la propria popolarità, gestita padroneggiando tecniche e strumenti e applicando la stessa politica anche alle pagine ufficiali dei brand: un contenuto sbagliato o noioso e il like salta.
***
Notizie correlate:
3° highlight – Per la Generazione Z Instagram è una cosa seria. Manuale di psicologia del like
8° highlight – La Generazione Z fa un uso ‘snack’ dell’informazione: rapido e poco approfondito
9° highlight – Le generazioni cambiano, ma non i loro bisogni: ecco come li soddisfano i più giovani