Meno donne e molti giovani popolano le aziende della comunicazione: è la prima evidenza dell’indagine di UNA, quest’anno in forma biennale e che raccoglie i dati del 2019 e del 2020. Il report comprende tutte le società attive negli ambiti della consulenza creativo/strategica (agenzie creative, digital, social, ecc.), della realizzazione e della produzione (cdp audio, video, stampa, digital, ecc.) e della pianificazione media, PR, listening e social ed esplora l’impatto della pandemia ha avuto sulle imprese del settore. Una parte significativa del rapport è stata dedicata al tema della Diversity inclusion.
I principali risultati dicono che:
– Milano si conferma capitale della comunicazione con oltre il 50% delle imprese del campione;
– i giovani tra i 15 e i 34 anni rappresentano il 53,1% del totale occupati, il 31,9% in più rispetto alla media nazionale;
– le donne sono il 50,3% dei dipendenti, in forte diminuzione rispetto agli anni precedenti (nel 2019 erano il 65%): i nuovi ingressi sono il 41,8% contro il 58,4% di donne in uscita. Le donne sono anche in minoranza nei board delle società rispondenti con il 35,8% contro il 64,2% di uomini;
– pochissimi gli stranieri: ce n’è almeno 1 in solo 26 aziende su 100 e solo 2 società su 100 hanno più di 20 lavoratori stranieri, ovviamente fanno parte di grandi network internazionali;
– il ricorso alla cassa integrazione Covid nel 2020 è stato attuato dal 67,8% dei rispondenti, mentre il 32,1% dichiara di non averla utilizzata e solo il 7,5% aveva fatto ricorso alla CIG prima dell’emergenza sanitaria;
– il lavoro agile è stato attivato dall’81,6% delle società nel corso del 2020 e il 14,5% dei rispondenti prevede di non mantenerlo;
– l’87,6% del campione è costituito da micro e piccole imprese (queste ultime sono il 50,4% con fatturato da 1 a 10 milioni), il 6% sono medie imprese e le grandi sono il 7%; rispetto alle edizioni precedenti dell’indagine micro e medie imprese sono diminuite, mentre le piccole sono aumentate;
– il 2,8% delle imprese è stato costituito nel 2020, il 6,3% esiste dagli anni ’70 o prima, il 32,2% è stato creato negli anni 2010 e il 26,6% negli anni 2000.
L’indagine ha voluto anche confutare a diffusa percezione che si ha del lavoro creativo, molto stressante e con orari a volte proibitivi a fronte di una elevata flessibilità/libertà e di benefit di varia natura per bilanciare questa disfunzione.
All’indagine, che è stata svolta in collaborazione con il Master in Digital Communications Specialist di ALMED, Alta Scuola in Media Comunicazione e Spettacolo dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, hanno partecipato 172 società, pari all’11,5% di quelle contattate e che, confrontate con l’universo stimato di 28mila imprese digitali attive in Italia (diventano 36mila considerando altre categorie che si occupano di comunicazione in senso più ampio), sono un campione sufficientemente rappresentativo.