E’ uscito il nuovo report di Dentsu Creative che indaga pensiero e priorità dei chief marketing officer a livello globale e, per la prima volta, anche in Italia. Dalle risposte del nostro paese emerge uno sguardo più critico e migliorativo sulla pubblicità
In Italia il 72% dei chief marketing officer ritiene che la pubblicità debba prendersi maggiori rischi per raggiungere i propri obiettivi e creare una relazione forte con i consumatori.
E’ quanto emerge dal nuovo Global CMO Report 2023 di Dentsu Creative “Creativity at a Crossroads”, che ha coinvolto 700 chief marketing officer in 9 mercati nel mondo tra cui per la prima volta l’Italia.
Il report evidenzia un rinnovato senso di fiducia da parte delle aziende, in un periodo storico caratterizzato da forti cambiamenti, crisi e conflitti. L’85% degli intervistati afferma che la creatività è il principale catalizzatore per raggiungere il pubblico e promuovere la crescita economica.
Focalizzandoci sulle risposte dei CMO italiani, che riflettono in gran parte i temi emersi a livello globale, il report evidenzia che per far fronte alle necessità dei brand le agenzie partner debbano superare il modello a silo, considerato anche in Italia non più efficace da ben il 70% dei CMO.
Su alcuni punti però i CMO italiani si discostano leggermente dai loro colleghi esteri. A partire da uno sguardo più critico e migliorativo sulla pubblicità, che per i CMO italiani necessita di intrattenere le persone ma che ad oggi non ritengono, come industria, di essere capace di prendersi abbastanza rischi (ben il 72% dei CMO italiani lo credono, nettamente sopra la media globale del 60%).
Su questo sembra pesare anche la voglia di creare relazioni forti con i nuovi consumatori, sapendo vincere anche e soprattutto presso le nuove generazioni: un CMO italiano su tre (32%) è infatti preoccupato di come fare marketing alla Gen Z, contro uno su quattro (23%) a livello globale.
Se poi ovunque la nostra survey sembra rivelare un crescente disincanto nei confronti del “purpose marketing”, in Italia questo trend sembra anche più forte che altrove: ben l’80% dei CMO italiani affermano che chi fa marketing è così focalizzato sulla purpose da dimenticarsi come si vende (contro il 69% a livello globale).
Dove però a livello globale il “purpose washing” è stato abbandonato in favore della convinzione che i brand debbano giocare un ruolo chiave nella cultura, in Italia questo switch non sembra ancora essere abbracciato da tutti. Quasi la totalità dei CMO globali (86%) sono d’accordo sul fatto che i brand dovrebbero creare cultura attraverso la creazione di contenuto e proprietà di entertainment con le quali i consumatori spendono attivamente tempo, ma soltanto il 68% dei CMO italiani ad oggi ritiene lo stesso.
I CMO italiani poi sono a livello globale quelli più fortemente d’accordo sia con la necessità di focalizzare l’attenzione sul brand (48%) ma anche che bisognerebbe insistere di più sulle attività di performance (40%).
Infine, ciò che colpisce dalla survey è un alto livello di attenzione, adozione e anche timore nei confronti dell’AI: ben l’82% dei CMO italiani dice di pianificare a breve l’utilizzo dell’AI generativa contro solo il 26% della media globale.
A questo però si accompagna anche un timore più spiccato che altrove sui possibili impatti dell’AI sul mondo del lavoro (il 68% dei rispondenti dichiarano infatti di avere timore che l’AI possa un giorno prendere il loro posto di lavoro, contro il 57% dei rispondenti globali) e in generale sulla società (il 74% sono convinti che l’AI impatterà la società in maniera negative, contro il 61% a livello globale).
«Dalla nostra ricerca – commenta Niccolò Rigo, chief strategy officer di Dentsu Creative Italy – viene fuori un’immagine chiara del pensiero e delle priorità dei CMO italiani. Innanzitutto, la convinzione che la creatività debba giocare un ruolo chiave nella crescita economica. Questo per spingere un’industria, quella della pubblicità, che deve imparare a prendersi più rischi per raggiungere i propri obiettivi e creare una relazione forte con i consumatori, specialmente con le nuove generazioni. Nella convinzione che per fare seguito a questa esigenza, il partner giusto è quello che sa dare una visione integrata evitando di chiudersi in silo verticali e sapendo cogliere a pieno le potenzialità delle nuove tecnologie, AI in primis».