Effettuato alla vigilia della fase 2 l’aggiornamento di Nextplora Viewpoint segnala un potenziale gap tra comunicazione e vissuto delle persone
I brand devono fare attenzione al rischio che i consumatori entrino in “modalità di rimozione” per una rappresentazione insistita dell’Italia amicale, solidale e pronta a ripartire che hanno visto nelle ultime settimane: uno storytelling che per molti sta diventando stucchevole, se non addirittura irritante.
È un segnale del potenziale gap che molti brand dovranno affrontare in futuro, cercando di capire se l’asse valoriale sia ancora coerente con il vissuto delle persone, avverte Andrea Giovenali, CEO di Nextplora, commentando la nuova rilevazione del Nextplora Viewpoint.
Effettuata tra il 30 aprile e il 3 maggio, quindi prima dell’avvio della fase 2, fotografa un paese in attesa che non si sbilancia troppo sul dopo, se non sulla crescente preoccupazione per la condizione economica, ora che sembra passata la fase più acuta dell’emergenza sanitaria.
“Molto dipenderà dalle risposte della politica e da come le persone faranno fronte al ridimensionamento della condizione economica personale”, commenta Giovenali anticipando che il prossimo Viewpoint monitorerà anche la confidenza a tornare nei negozi anche per l’acquisto di beni non di prima necessità oltre alla propensione all’acquisto di servizi alla persona, beni durevoli e semi durevoli e risparmio e investimenti e a quanto reggerà l’online a fronte della riapertura dei canali tradizionali.
Se l’umore degli italiani non peggiora, aumentano però stanchezza e affanno e la sensazione di paura, segnali forse di quanto siano profonde le tracce di questa emergenza, una crisi che non ha precedenti nella storia recente, con una consapevolezza della violenza subita che secondo Giovenali ha agito strutturalmente sul modo in cui le persone vivono il mondo. Segni che potrebbero avere un peso anche nella relazione con i brand che passa attraverso la narrazione della pubblicità.
“Per i brand sarà importante capire se gli assi valoriali sono ancora coerenti con il vissuto delle persone, quale sia il gap che si produce rispetto al passato e se si potrà narrare il brand come prima”, sottolinea Giovenali. Anche perché l’Italia continua a essere spaccata in due tra chi apprezza il contenuto valoriale della pubblicità che ha sposato l’emergenza sanitaria e chi invece la ritiene una mossa di natura strategica, con il 53% che ritiene che le aziende dovrebbero destinare i soldi della pubblicità ad altre finalità e il 47% che ne stiano approfittando per ottenere visibilità.