Dopo un primo momento di sbandamento, l’80% dei musei italiani durante la pandemia ha offerto almeno un contenuto online, dai laboratori ai podcast ai tour virtuali guidati e i cambiamenti degli ultimi mesi hanno aperto la strada nuove ‘esperienze estese’ e modelli di business innovativi. Ora la sfida è trasformare in soluzioni strutturali le sperimentazioni estemporanee.
Queste alcune delle evidenze emerse dalle indagini dell’Osservatorio Innovazione Digitale nei Beni e Attività Culturali della School of Management del Politecnico di Milano che ha esaminato le risposte dell’ecosistema culturale alle sfide della pandemia.
Se il 48% dei musei ha proposto laboratori e attività didattiche online e il 45% tour e visite guidate, solo il 24% delle istituzioni ha messo a punto un vero e proprio piano strategico che comprenda anche l’innovazione digitale.
Qualche passo avanti è stato fatto nella digitalizzazione dei servizi per accoglienza e sicurezza (il 39% di musei, monumenti e aree archeologiche dà la possibilità di acquistare il biglietto online), il 22% dei musei ha sperimentato modelli a pagamento e la grande maggioranza delle istituzioni ha ricevuto risposte positive da parte del pubblico riguardo alla proposta di contenuti digitali.
L’esperienza estesa sembra dunque essere entrata nella prospettiva di musei e siti archeologici (il 33% fa uso di QR code e Beacon, il 32% usa schermi touch), ma se nel primo periodo di emergenza erano accettabili certi livelli di approssimazione, ora occorre investire su prodotti realizzati ad hoc e competenze necessarie per la loro produzione, nota Eleonora Lorenzini, Direttore dell’Osservatorio, per evitare una mera traslazione online delle esperienze fisiche e per integrare realmente fisico e digitale.