Fanno un passo indietro non solo l’attenzione e la fiducia stessa dei cittadini lettori, ma anche i bilanci degli editori. Ci sono tuttavia alcune eccezioni: gruppi media forti e consolidati che vedono crescere ancora gli abbonamenti e i ricavi pubblicitari
Se il report dello scorso anno, fortemente condizionato dalla pandemia e dal bisogno generalizzato di avere accesso a informazioni affidabili e di qualità, riportava segnali di diffuso ottimismo per i gruppi editoriali, il nuovo Digital News Report del Reuters Institute for the Study in Journalism (RISJ) mostra un ripiegamento.
Fanno un passo indietro non solo l’attenzione e la fiducia stessa dei cittadini lettori, ma anche i bilanci degli editori. Ci sono tuttavia alcune eccezioni: gruppi media forti e consolidati che vedono crescere ancora gli abbonamenti e i ricavi pubblicitari spinti dalla volontà degli investitori di veder associato il brand a contenuti credibili.
Nel suo executive summary, il RISJ segnala che i dati sono stati raccolti in 46 paesi ascoltando 93mila individui a inizio febbraio, prima dell’invasione dell’Ucraina, evento che ha fatto sì crescere la fruizione di notizie, ma ha anche aumentato la fatica delle persone, molte delle quali evitano attivamente di essere esposte all’informazione, come mostra un secondo survey in aprile condotto in soli 5 paesi.
Fiducia in calo. In media, il 42% dei rispondenti ha fiducia nell’informazione, in calo rispetto ai picchi della pandemia. Il calo più accentuato è in Usa (-26%), mentre in Italia è del 5% con una media del 35% e solo il 13% e il 15% per i quali i media italiani sarebbero indipendenti, rispettivamente, dall’influenza politica e da quella economica. Nel nostro paese, l’Ansa raccoglie il massimo della fiducia (73%), seguita da Sole 24 Ore (65%) che scala una posizione e SkyTG24 (65%) che cala dal 2do al 3zo posto. Interessante il piazzamento dell’informazione locale con il 58%.
Giovani sfuggenti. Un dato evidenziato dal report è che le generazioni più giovani hanno nuove abitudini e sono più difficili da raggiungere. Cresciuti con i social, molti evitano le news perché hanno pochi strumenti per seguirle e capirle e convincerli a pagare per informazioni di qualità sta diventando un punto critico per l’industria dell’informazione.
Informazione digitale. Il consumo di media tradizionali, dalla TV alla stampa, è calato nell’ultimo in quasi tutti i mercati e non è compensato da online e social. Le trasformazioni dell’ultimo periodo hanno accelerato i cambiamenti strutturali a favore di un ambiente più digitale e mobile, dominato dalle piattaforme, con ulteriori implicazioni per i modelli di business dell’informazione, cui oggi si aggiunge la crescente preoccupazione per il costo della vita che potrebbe spingere molte persone a rivedere quanto può permettersi di spendere per l’informazione.
Solo in un ristretto numero di paesi più ricchi è aumentata la percentuale di chi paga per le notizie online e il report coglie segnali di una generalizzata stabilizzazione con un plafond al 17%. In Italia, paga per l’informazione online il 12%.
Solo in un ristretto numero di paesi più ricchi è aumentata la percentuale di chi paga per le notizie online e il report coglie segnali di una generalizzata stabilizzazione con un plafond al 17%. In Italia, paga per l’informazione online il 12%.
Leggere e guardare. Anche se i video sono diventati dominanti online, una larga maggioranza e in tutti i gruppi di età dice di preferir leggere le notizie invece che guardarle. Il 50% dei rispondenti spiega che leggere è più rapido che guardare, il 34% perché ha più controllo sulle informazioni, il 35% perché scappa via dai pre-roll, mentre il 17% sostiene che il video non aggiunge alcun che alle informazioni. Chi invece preferisce i video dice che è perché è una modalità più facile (42%), più coinvolgente (41%) e comoda (24%). In Italia il 60% si informa attraverso contenuti testuali, il 18% preferisce i video.
I podcast continuano a crescere, sono amati dai più giovani e diventano un modo per attrarre nuovi abbonati, come dimostrano le politiche del New York Times in Usa e di Il Post in Italia. Il consumo di podcast news, dopo una breve pausa, è tornato a crescere in più della metà dei paesi esaminati grazie anche al ritorno al pendolarismo.
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