Il duro intervento della commissione d’inchiesta mette in luce i pericoli per la democrazia
La definizione ‘digital gangster’ arriva a pagina 42 del report che dà conto dell’inchiesta aperta dal Parlamento britannico dopo l’affaire Cambridge Analytica: è affibbiata a tutti social media, ma in particolare a Facebook per aver deliberatamente infranto leggi sulla privacy e la concorrenza.
Dopo 18 mesi di indagini il comitato del ministero Digital, Culture, Media and Sport accusa Mark Zuckerberg di disprezzo nei confronti del Parlamento britannico con il rifiuto di rispondere a 3 specifiche domande, avverte che le leggi elettorali in vigore non sono più sufficienti e sono permeabili da interferenze di agenti esterni, chiede al governo di aprire ulteriori indagini sui referendum per l’indipendenza della Scozia nel 2014 e per l’uscita dall’UE nel 2016 e le elezioni politiche del 2017.
La democrazia è a rischio per le interferenze di ‘dark adverts’, disinformazione e influenze esterne e le grandi aziende tecnologiche devono prendersi la responsabilità di quello che viene pubblicato, come tutti gli editori, senza trincerarsi dietro la dichiarazione di essere semplicemente delle piattaforme, scrive il deputato Damian Collins, presidente della commissione d’inchiesta, sottolineando che “aziende come Facebook esercitano un immenso potere sul mercato che permette loro di fare denaro bullizzando i concorrenti più piccoli e gli sviluppatori che si appoggiano a queste piattaforme per raggiungere i loro clienti”.