Secondo l’anticipazione dei dati dell’Osservatorio Internet Media il tasso di crescita è omogeneo sia per gli OTT che per gli operatori ed editori locali. Non è solo effetto rimbalzo, ma merito delle tantissime PMI che hanno convertito la propria comunicazione sui mezzi digitali
Non stupisce la crescita a doppia cifra, +23%, che la pubblicità digitale sta registrando nel 2021. Meno scontato è il fatto che questa crescita sia omogenea per tutti gli attori della filiera, chi più chi meno, e non solo per i Google, Facebook e Amazon che comunque detengono quasi l’80% della raccolta online. Lo rilevano i dati dell’Osservatorio Internet Media del Politecnico di Milano presentati in anteprima alla 19esima edizione dello IAB Forum.
«Il digitale si conferma un mercato dinamico, resiliente durante la pandemia e sempre più presente nelle nostre vite – commenta Carlo Noseda, Presidente IAB Italia -. E’ però sempre più difficile per i legislatori stare al passo, pensiamo solo al metaverso e alla creazione di nuovi continenti virtuali, e questa è una criticità enorme perché si continua a normare ex post. Già quasi l’80% del mercato è in mano agli OTT e Web Tax e Global Minimum Tax non bastano a riequilibrare la situazione. Inoltre, già da gennaio 2022 la cookie law comporterà un’altra svolta epocale per il settore e stimiamo che con le nuove regole i player domestici e gli editori on-line vedranno una riduzione tra il 60% e l’80% della loro capacità di raccolta dei consensi. IAB è in prima linea per portare più equilibrio nel mercato e nel chiedere l’intervento dei legislatori per correggere le linee guida”.
Il valore del mercato pubblicitario generale ha toccato i 9.5 miliardi di euro, il più alto mai registrato negli ultimi dodici anni, di cui 4.2 miliardi investiti sul digitale. La quota del digitale sulla raccolta complessiva è salita al 45%, seguito dalla TV che detiene il 41%.
«Oltre che al rimbalzo previsto, la crescita del 23% si deve alle tantissime PMI che negli ultimi 18 mesi si sono reinventate sul digitale, attraverso iniziative che prima avvenivano con modalità tradizionali e ora sono state digitalizzate, pensiamo solo ai volantini, e alla scalata del video, il formato che cresce di più e oggi occupa una quota del 60% sul totale. Non solo grazie a online e in tv, ma anche digital out of home e schermi digitali che consentono di raggiungere le persone in mobilità» spiega Andrea Lamperti, Direttore Osservatorio Internet Media del Politecnico di Milano, accennando pure alla crescita del digital audio (+43%), anche se con un valore assoluto ancora piccolo e alla “prateria di opportunità” che offrirà la tv connessa.
Consumatori e aziende oggi chiedono di più al digitale, dice Federico Capeci, AD Kantar Italia, invitando aziende e agenzie ad uscire dai classici stereotipi del settore – in primo luogo la divisione tra campagna di brand e campagna per generare vendite – affinché la loro comunicazione non perda efficacia.
“Nel nostro studio Media Reactions 2021 abbiamo registrato un sentiment incredibilmente positivo quanto a volontà di investire: il 94% aumenterà la spesa sui mezzi digitali, l’83% sulla CTV, Il 78% social media stories, il 73% in branded content con influencer” spiega Capeci. “Tuttavia abbiamo registrato una riduzione significativa del ROI medio delle campagne, sceso da 4,5$ a 2$ per dollaro investito, anche dovuto all’affollamento e frammentazione”.
È dunque necessario considerare tre fattori chiave: primo, ogni mezzo, canale, piattaforma, influencer ha una propria equity che deve essere coerente con quella della marca, altrimenti ogni sforzo è inutile anche se le audience sono alte. Secondo, lavorare sui formati è importante tanto quanto lavorare sul contenuto, come hanno insegnato TikTok, Amazon, Instagram o Youtube. Terzo, la ricerca fa notare la discrasia tra le preferenze dei consumatori riguardo ai mezzi dove preferiscono vedere pubblicità (il cinema, gli eventi e le riviste) e le scelte degli inserzionisti. È giunto quindi il momento di interrogarsi su come generare queste positive predisposizioni anche negli ambienti digitali, passando da una logica di interruzione a una logica di intrattenimento.