Gli italiani non sono felici, ma danno segnali di speranza nella mega-ricerca di Eumetra Monterosa che ieri ha presentato a Milano un ‘carotaggio’ su alcune aree, dai soldi alla politica, dal marketing ai valori dei brand.
Dopo aver esordito lo scorso anno con una panoramica dell’infosfera, cioè il rapporto tra cittadini e informazione – per niente migliorato – i ricercatori di Eumetra Monterosa hanno affrontato ora la discontinuità dei consumatori, “diventati più sfuggenti e meno prevedibili nonostante tutti gli strumenti digitali disponibili”, ha spiegato Fabrizio Fornezza, presidente dell’istituto di ricerca.
Una discontinuità che le marche – tranne eccezioni – non hanno ancora colto continuando ad agire usando strumenti e visione ancorati al passato.
Un segnale di pericolo, sottolinea Remo Lucchi, nell’advisory board di Eumetra MR, perché chi non rivede le politiche di relazione con i consumatori mette in pericolo il suo business segnalando l’urgenza di “cominciare oggi, altrimenti è troppo tardi”.
Guerriglia e progetti di vita.
Secondo i dati dell’istituto di ricerca solo il 31% si dichiara soddisfatto (10/9/8 su una scala da 1 a 10) e gli elementi di felicità risiedono più negli animali domestici (82%) che nella propria famiglia (71%) o nelle vacanze (63%).
Relazioni poco entusiastiche con il prossimo che vanno dai colleghi di lavoro (solo il 27% è contento) ai vicini di casa (24%) e che coinvolgono anche le marche.
Il fatto è che educazione diffusa, protagonismo femminile e web 2.0 hanno disintegrato il concetto di massa, dando più potere a individui che vogliono capire e che giustificano i consumi per i significati che veicolano.
Per il resto è una guerriglia, più che lotta frontale, per riuscire a costruire un progetto di vita armonico “fatto di sostenibilità sociale, culturale, ambientale ed economica” in aggiunta i tradizionali pilastri del benessere: soldi, famiglia, salute, casa, consumi, riassume Lucchi.
E le imprese?
“Sono troppo centrate su sé stesse, come se nulla fosse cambiato”, aggiunge, quando invece dovrebbero invece assumersi nuove responsabilità.
“Possono fare molto di più, se solo ascoltassero il nuovo consumatore”, sostiene Fornezza, e si proponessero come ‘consulenti’ per aiutare le persone a gestire la complessità uscendo dai luoghi comuni, a cominciare da una diversa e migliore gestione dei servizi post-vendita.
“I brand che aiutato a percepire meglio la propria vita contano di più, ma le promesse vanno mantenute e la reputazione conta”, sottolinea Fornezza, riassumendo una serie di azioni concrete che le marche possono intraprendere per ricostruire la relazione con i cittadini-consumatori: rispetto, nella forma e nella sostanza; proattività, non aspettando le proteste per fare delle proposte; co-creazione e connessione emozionale nel concepimento di nuovi prodotti e servizi; cooptazione di chi lavora in azienda; usando tecnologia per dare reale empowerment e non complicazioni in più.