La decima edizione della ricerca che Deloitte dedica alla conoscenza di ambizioni, desideri e bisogni delle generazioni più giovani registra un importante cambiamento
Dopo un anno di intense incertezze, tra covid, instabilità politica e disastri ambientali, Millennial e Gen Z di tutto il mondo sembrano aver ritrovato il coraggio per essere, loro per primi, il cambiamento che vogliono vedere nel mondo, senza più aspettare che qualcun altro risolva le questioni più urgenti della società e assumendosene la responsabilità.
L’indagine di Deloitte ‘2021 Millennial e Gen Z’ rileva che che una buona parte delle generazioni più giovani ha deciso di incanalare le proprie energie per azioni significative, con un aumento del coinvolgimento politico e un maggiore allineamento ai propri valori delle scelte di consumo e di carriera. Decisi a prendersi le proprie responsabilità, si aspettano però che imprese e governi facciano di più.
L’idealismo che ha contraddistinto queste due generazioni alla prova della pandemia non si è dileguato, ma sembra farsi più concreto: “Hanno sostenuto il loro idealismo, il loro desiderio di un mondo migliore, e la loro convinzione che il business può e deve fare di più per aiutare la società”, ha commentato Michele Parmelee, Deloitte Global Deputy CEO e Chief People and Purpose Officer.
Ambiente al primo posto. La crisi climatica era al primo posto delle preoccupazioni di Millennial e Gen Z un anno fa e anche se nel 2021 salute e disoccupazione occupano i primi 2 posti, l’attenzione per l’ambiente non è scomparsa e rimane ancora la preoccupazione N 1 per la Gen Z. Molti di loro (37% dei Millennial, 40% della Gen Z) che più persone si impegneranno per agire sulle questioni ambientali dopo la pandemia, dal riciclare meglio i rifiuti al cambiare le abitudini alimentari. Come consumatori, i due gruppi generazionali continueranno a prendere decisioni in linea con i loro valori: più di 1/4 degli intervistati dice che l’impatto – negativo o positivo – delle aziende sull’ambiente influenza le loro decisioni d’acquisto.
Razzismo sistemico. Le disuguaglianze, di etnia e di genere, sono a un punto critico per il 55% dei rispondenti, convinti però che da adesso si cambia. Per molti è anche una questione personale: 1 su 5 dice di sentirsi discriminato “sempre” o “spesso”, 1/4 ritiene di aver subito discriminazioni, il 36% ritiene che il razzismo sul posto di lavoro sia sistemico, 3 su 4 pensano che la soluzione possa solo arrivare dall’alto.
Il ruolo delle aziende per Millennial e Gen Z in questo sondaggio è alquanto diverso da altri studi come quelli di Edelman, con un potenziale percepito nell’essere portatori di cambiamento che per le imprese arriva a metà di quello di individui, governi e sistema educativo. Per questo, sempre più tra loro si impegnano a “educare gli altri”, condividendo contenuti informativi sui social, votando partiti progressisti e boicottando le aziende che non condividono i loro valori sul tema delle discriminazioni. Inoltre, meno della metà crede che il mondo del business abbia un impatto positivo sulla società, per la prima volta sotto la soglia del 50% e con un declino di quasi 30 pp dal 2017.
Coscienza dello stress. Un altro effetto della pandemia sulle generazioni più giovani è la presa di coscienza di stress e alienazione: il 41% dei Millennial e il 46% della Gen Z si sente stressato praticamente sempre. Situazione finanziaria, benessere della famiglia e prospettive di lavoro sono le principali fonti di stress, ma pochi lo confessano temendone lo stigma, soprattutto sul posto di lavoro, e il 40% dice che i datori di lavoro hanno fatto poco o niente per sostenere la salute mentale dei dipendenti.
Disparità di ricchezza. Se le preoccupazioni per la finanza personale sono spesso presenti – ma circa il 40% pensa che le cose andranno meglio nel 2022 – molto più consistenti sono le preoccupazioni per l’ineguale distribuzione della ricchezza e i problemi sociali che ne conseguono, condivise dal 69% dei Millennial e dal 66% della Gen Z.