Da una ricerca di Selligent emerge che il 65% degli italiani trova utile o piacevole ricevere annunci basati sulle proprie ricerche vocali, contro il 47% del dato mondiale
Per il 69% delle persone la pubblicità targettizzata in base a conversazioni private captate dagli assistenti vocali è “inquietante”. Ma in Italia questo dato scende al 50% e, anzi, il 65% degli italiani dichiara di trovare utile o piacevole ricevere annunci basati sulle proprie ricerche vocali (contro il 47% del dato mondiale). E’ quanto emerge da uno studio condotto da Selligent Marketing Cloud su 5.000 consumatori in tutto il mondo, con lo scopo di indagare i loro comportamenti e le loro aspettative nelle interazioni con i brand.
Nel nostro paese, dunque, su questo tema sembra esserci meno preoccupazione, o forse meno consapevolezza, rispetto alle altre nazioni. In Italia come all’estero però, una persona coinvolta su due dice di temere che gli assistenti vocali ascoltino le sue conversazioni senza consenso. Più giovane è il consumatore, più è incline a credere di essere ascoltato a sua insaputa: il dato spazia dal 58% per la Gen Z (18-24 anni), al 36% per i Baby Boomer (55-75 anni).
In parallelo alla crescita delle preoccupazioni per la privacy, l’Osservatorio di Selligent evidenzia che i consumatori stanno modificando il loro comportamento sotto diversi aspetti:
• Quasi la metà degli intervistati a livello mondiale (il 45% per la precisione) utilizza gli assistenti vocali nonostante il fattore “inquietante”.
• Il 41% degli intervistati dichiara di aver ridotto l’utilizzo dei social media per questioni di privacy, ma la maggioranza (59%) non l’ha fatto.
• Un terzo dei consumatori (32%) ha abbandonato almeno una piattaforma social negli ultimi 12 mesi per problemi di privacy – Facebook è in cima alla “lista nera”, con il 40%.
Nonostante queste preoccupazioni, la survey rivela inoltre che il 51% dei consumatori è ancora disposto a condividere i propri dati personali per avere in cambio un’esperienza più personalizzata: la percentuale sale ulteriormente, al 59%, considerando solo l’Italia. Per i brand, ne consegue l’esigenza di una maggiore attenzione alla fornitura di esperienze realmente rilevanti e omnicanale, in grado di creare valore per i consumatori al momento giusto. Altri risultati degni di nota:
• clienti sempre connessi e aspettative elevate: dal servizio clienti, ci si aspetta tempi di risposta sempre più brevi. Il 96% delle persone si aspetta che i brand rispondano entro 24 ore dalla segnalazione di un problema, mentre il 90% (o meglio il 96% considerando gli italiani) pretende addirittura che, nello stesso lasso di tempo, il problema venga risolto. Inoltre, il 71% degli interpellati si aspetta che i brand con cui ha già interagito abbiano conservato le informazioni sul suo conto: questo evidenzia la necessità, per le aziende, di disporre di una visione completa a 360° del cliente.
• potere all’esperienza omnichannel: il 64% dei rispondenti approfitta della commistione tra online e in-store quando deve fare acquisti di un certo peso (elettronica di consumo, elettrodomestici, vacanze), preferendo fare ricerche online ma andando poi ad acquistare in-store. Gli italiani restano più legati al negozio fisico: il 62% dei consumatori del Bel Paese si aspetta che i brand forniscano assistenza e raccomandazioni in negozio, contro il 49% del resto del mondo.
• parola d’ordine rilevanza: il 64% degli intervistati a livello globale (e il 77% in Italia) è consapevole del fatto che la sua attività online viene monitorata dai brand, ma riceve con piacere raccomandazioni di prodotto proattive basate sui suoi acquisti precedenti. Il 65% degli italiani dichiara poi di trovare piacevole/utile ricevere annunci in base a ciò che ha chiesto ai propri assistenti vocali (contro il 47% del dato globale).