Sulla presenza dei brand le opinioni sono miste, cortocircuito tra propensione e conversione
Lo studio promosso da Ipsos con Vincenzo Cosenza, fondatore dell’Osservatorio Metaverso, fa luce sulle aspettative degli italiani e “distilla” ipotesi per un futuro in cui i brand possano sperimentare creando allo stesso tempo valore. Tra facili entusiasmi da una parte e inquietudini dall’altra, secondo l’analisi metaverso e realtà immersive non sono morti, come si dice da qualche parte, soppiantati dall’hype dell’AI generativa. Purché si riparta dalle attitudini e dagli usi che le persone fanno delle tecnologie immersive e con una concezione di metaverso “più umanistica e meno figlia di sperimentazioni tattiche del marketing”, avverte Ipsos.
L’ultima rilevazione, infatti, evidenzia attitudini di apertura tra gli italiani con il 52% convinto che le esperienze che si possono fare nel metaverso siano emozionanti.
In generale, l’atteggiamento suggerisce di concepire le realtà immersive come un modo di migliorare le attività svolte online e non come un’alternativa alla realtà fisica. Il 37% del campione, però, ritiene il metaverso troppo costoso – solo il 10% è in possesso di visori – citando l’investimento elevato come principale barriera all’acquisto; e già che la rilevazione è stata condotta prima del lancio del visore Apple. Il dato interessante dell’indagine, oltre alla diffusa conoscenza, è che il 77% dei rispondenti è in grado di descrivere spontaneamente il metaverso e oltre il 50% fornisce una descrizione che si avvicina molto a quella che ne danno gli esperti.
Prova diretta. Circa 1/3 del campione ha sperimentato attività nel metaverso tra cui giocare (33%), acquistare oggetti reali o esplorare una città (30%), frequentando soprattutto Fortnite e Minecraft o ricordando poco piattaforme più specifiche come Decentraland e Roblox.
Pubblicità. Il 52% ritiene che le esperienze che si possono fare siano emozionanti, mentre il 23% considera un nuovo modo di fare pubblicità da parte dei brand che non durerà nel tempo. Per altro con poca memorabilità: il 60% non riesce a citare spontaneamente una marca che abbia usato il metaverso, a parte le solite big tech. Inoltre, Ipsos segnala che “se investigate rispetto a diverse categorie di brand – luxury fashion, high-street fashion, FCG, beauty – in media le opinioni oscillano tra ‘il brand sfrutta le opportunità per guadagnare di più’ e ‘vuole abbracciare le nuove tendenze digitali’. Quindi opinioni miste ma che lasciano trasparire un cortocircuito tra propensione e conversione per i brand”.
Metapersonas. Lo studio di Ipsos e Osservatorio Metaverso ha identificato 4 diverse ‘metapersonas’, differenti per livelli di adozione e coinvolgimento. Il 37% è costituito da ‘pionieri’, early adopter naturali, hanno vissuto molteplici esperienze e posseggono più NFT delle altre metapersonas. Il 30% sono distanti e impauriti, si sentono minacciati nella loro identità, temono per la privacy e giudicano questo ambiente troppo costoso e poco accessibile. Il 20% è costituito da ‘immersi’: entusiasti che vivono il metaverso in modalità Second Life, un mondo diverso dove esprimersi più liberamente. Infine, il 13% sono definiti ‘funzionali’, ritengono il metaverso uno strumento per volgere attività utili e per socializzare a distanza.