Avanzamenti tecnologici e fattori culturali, esplosi negli ultimi 24 mesi, sono la premessa per lo sviluppo del Web3 e tutti i suoi corollari a cui We Are Social insieme a The Sandbox ha dedicato l’ultimo dei suoi incontri della serie WTFuture, ‘Metaverse Edition’
Avanzamenti tecnologici e fattori culturali, esplosi negli ultimi 24 mesi, sono la premessa per lo sviluppo del Web3 e tutti i suoi corollari a cui We Are Social ha dedicato l’ultimo dei suoi incontri della serie WTFuture, ‘Metaverse Edition’.
“Più tempo trascorriamo online con un nostro avatar, più diventa importante che questo character che ci rappresenta sappia farlo nel modo giusto, anche a livello estetico e di prodotti”, ha spiegato Luca Della Dora, innovation director dell’agenzia che ha di recente ampliato l’offerta di expertise guardando alla nuova fase di internet, dagli NFT alle DAO, e al gaming, creando un team distribuito in tutti gli uffici, senza silos.
Com’è il Web3
Nel web decentralizzato, in cui si introducono concetti di spazio e di possesso, quello che viene condiviso a livello digitale non è più ‘espropriato’ dalle big tech, ma grazie alle certificazioni resta di ‘proprietà’ di chi lo ha creato.
Garantire il possesso di un bene digitale, avere un’identità e far leva sul concetto di community sono caratteristiche del Web3 connesse alla creator economy cresciuta negli ultimi 2 anni, mentre dal punto di vista delle aziende, secondo Della Dora, esserci significa dimostrare di essere a prova di futuro. “Che le persone lo vogliano o no, questa è la direzione che il web sta prendendo perché alcune delle aziende tech più importanti stanno investendo e, decentralizzazione o meno, non si può ignorare la via che stanno tracciando”.
Non un punto d’arrivo, ma un percorso, ha aggiunto l’innovation director di We Are Social, parallelo al mondo del gaming in cui è cresciuta la Gen Z e che nel metaverso dovrebbe trovarsi molto a proprio agio. Un percorso di cui esistono già anche due visioni in competizione tra loro, quella di walled garden come Meta e Microsoft e quella di nuovi entranti come The Sandbox e Decentraland costruiti su protocolli aperti che fanno leva sulla blockchain e sul concetto di community. E non un solo metaverso, ma molte versioni, chiuse e aperte, dove si può entrare con un semplice smartphone o dove è necessario avere un più costoso visore. “Il fatto che non esista un solo metaverso è forse la cosa più importante”, ha detto Della Dora.
Molti metaversi
L’agenzia li ha riassunti in 4 categorie per dare alle aziende una visione più ampia di questo concetto in evoluzione aggiungendo alcuni dati, da ricerche esterne, che danno la misura della velocità con cui questo spazio multiplo si sta affermando, invitando i brand a sperimentare quello che già esiste ma anche non farlo solo per il gusto di farlo. “Se è vero che è importante per posizionare un brand, è anche altrettanto importante capire prima che valore può dare alle persone”.
Brand nel metaverso
Serena Tabacchi, partnerships manager at The Sandbox, e Matteo Piagno, account director di WAS, hanno affrontato alcuni degli aspetti più concreti del mondo virtuale costruito su terre, altrettanto virtuali, in uno spazio sulla blockchain che diventa un ecosistema in cui si incrociano gaming, punto di origine di The Sandbox, cultura pop, contenuti, transazioni economiche ed esperienze.
Una visione sia dal punto di vista dell’utente, non esclusivamente gamer, che da quello dei brand che vogliono entrare in un mondo che sta diventando esclusivo – ormai è rimasto disponibile solo il 30% delle ‘terre’ su The Sandbox – per condividere asset 3D ed elementi digitali. “Rimanere fedeli al brand, ai valori, all’identità e a quello che si è costruito è importante, ma questo non vuol dire ricostruire in un metaverso quello che si è nel mondo reale, ma cercare di immaginare esperienze virtuali con più creatività”, ha consigliato Tabacchi.