Per il chairman e ceo di Mindshare Roberto Binaghi sarà un anno molto complicato, caratterizzato da una doppia crisi, sanitaria ed economica. Ma gli investimenti pubblicitari ripartiranno rapidamente già dal 2021
“Difficile vedere qualcosa di buono in questo periodo ma proviamoci: il lockdown – alla fine – sarà stato un prezioso acceleratore verso la modernità”. Il 2020, per il chairman e ceo di Mindshare Roberto Binaghi, sarà un anno molto complicato, caratterizzato da una doppia crisi, “la prima di tipo sanitario, dalla quale stiamo lentamente uscendo, la seconda di tipo economico, che quasi certamente dovremo affrontare nella seconda parte dell’anno”.
L’emergenza Covid-19 e il relativo lockdown hanno dimezzato gli investimenti pubblicitari nel periodo marzo-maggio; ma il destino dell’anno si deciderà in autunno, quando l’inevitabile sofferenza del tessuto economico potrebbe ripercuotersi in un ulteriore calo degli investimenti in comunicazione.
Ma nonostante questa “tempesta perfetta” – che riporterà indietro di quasi 25 anni, quando il mercato valeva appena l’equivalente di 6.2 miliardi di euro – Binaghi non si iscrive al partito dei pessimisti perché gli investimenti ripartiranno rapidamente già dal 2021 e perché dalla crisi coronavirus “usciremo diversi, più moderni e più digitali”.
“Dobbiamo approfittare della “involontaria accelerazione” di quest’ultimo periodo in cui sono accadute anche alcune cose positive: abbiamo sperimentato l’e-schooling e lo smart working, abbiamo imparato a studiare e a lavorare in un modo nuovo e produttivo. Tutto è successo in poche settimane; senza il lockdown ci sarebbero voluti anni”.
In questi mesi Binaghi è andato in ufficio solo 1 volta alla settimana (“con l’autocertificazione”, sottolinea) ed è molto soddisfatto del proprio lavoro e di quello del suo team. Nei giorni scorsi ha commissionato anche una survey interna sul lavoro a distanza da cui emerge una grande soddisfazione dei 200 dipendenti di Mindshare: “tutto sta funzionando bene ed i nostri clienti sono entusiasti del servizio”, spiega.
Ma nell’accelerazione degli ultimi mesi non sta cambiando solo il modo di lavorare, anche quello di concepire le strategie di comunicazione: “l’accelerazione è stata più violenta di quanto non la stiamo percependo e inevitabilmente tutta la filiera della comunicazione non può e non deve essere immune, anzi, dovremo essere pionieri”, aggiunge Binaghi.
“Durante la crisi tutti i media sono stati usati come semplici megafoni, senza alcuno sforzo di personalizzazione per geografia, per età, per bisogni, fatto più che comprensibile nel momento convulso”. La trasformazione digitale porterà efficienze, in un mercato “meno ricco” ma più smart, dove il precision marketing, la comunicazione basata sui dati, sarà la nuova normalità. E la relativa scarsità di risorse economiche, sostiene Binaghi, non sarà un freno alla trasformazione perché “è un momento congiunturale, ne usciremo”.
Quanto alle ripercussioni sul mercato degli investitori, il ceo di Mindshare vede un fisiologico spostamento delle quote di spesa verso il digitale. Per qualche anno avremo un mercato più piccolo, ma più evoluto, una trasformazione che comporterà qualche ulteriore sofferenza per l’editoria cosiddetta “tradizionale” e qualche vantaggio in più per i soliti noti del digitale.
Difficile credere che possa crescere il numero di investitori pubblicitari se non la fascia delle piccolissime aziende “che hanno capito bene quanto la relazione diretta con i clienti sia fondamentale, portando probabilmente ulteriore acqua al mulino degli OTT”.
D’altronde, nota Binaghi, in questa crisi coronavirus quelli dei big tech sono gli unici i cui conti economici che hanno continuato a brillare.