Per il Chief Creative Officer di Grey Europe l’innovazione è necessaria, ma il lavoro dei creativi è prima di tutto capire le persone, non le tecnologie, entrare in contatto con loro, a prescindere dai dati e lavorando su idee analogiche
Per Javier Campopiano, Chief Creative Officer di Grey Europe, il tema di IF! Festival 2019 è una sensazione consueta e quotidiana. “Vengo dall’Argentina, dove stare scomodi è la regola”, dice Javier Campopiano nel suo intervento e spiega che per lui il massimo della scomodità è la paura con cui convive e che considera sempre un buon segno nel corso del processo creativo e quando prende le sue decisioni. “Significa che mi trovo davanti a qualcosa di nuovo” da cui imparare sempre qualcosa.
È successo quando da Buenos Aires si è trasferito a New York, vivendo la paura di essere alieno e di perdere i “super-poteri” che si hanno quando si lavora in un ambiente conosciuto.
E proprio da questo senso di alienazione, oltre che dalla condivisione della comune cultura latino-americana, è nato il lavoro The Bobsled Song che ha permesso al team di bob della Jamaica di andare alle Olimpiadi di Sochi anche senza uno sponsor ufficiale.
L’essere alieno non è l’unica paura coltivata da Campopiano. “Una delle peggiori è la paura di non essere me stesso”, l’altra era quella di non aver successo a New York, ma dice di aver sviluppato una tecnica, grazie alla moglie che lavora come psicoterapeuta, che è quella “di essere spaventato a posteriori” e di condividere il proprio terrore con le persone con cui lavora. È successo con la campagna Walmart, un’idea folle – far girare a 4 premi Oscar un commercial il cui script era uno scontrino del supermercato – che ha funzionato benissimo. Così ha sviluppato “la tecnica #3, quella di essere costantemente terrorizzato” per non costringersi in categorie prefissate, mischiare sempre le carte e sfumare i confini.
The Tide Ad Guy. La paura di non essere all’altezza della sua stessa idea per il ‘Tide Ad’, quel commercial quasi ‘live’ pensato per il Super Bowl 2017 era così tanta che Campopiano chiese di vedere il piano media per capire come funzionasse tecnicamente. “Ero così terrorizzato dal potenziale flop che vi intravedevo al punto da chiedere a Marc Pritchard (il chief brand officer di P&G) di modificarlo 1 settimana prima del Super Bowl”. E poi c’è la paura di non riuscire ad andare oltre, dopo la valanga di premi ottenuti dal commercial di Tide e di restare confinato nel ruolo di “The Tide Ad Guy”, ma era talmente grande, dice Campopiano, che “mi sono rilassato e ho affrontato il lavoro come un incosciente”.
Anche diventare vecchi e irrilevanti genera terrore, quello che sembra paralizzare l’industry dell’advertising quando viene descritta come “roba da dinosauri, perché oggi tutto deve essere data driven e centric”, aggiunge il CCO di Grey Europe. “Certo, l’innovazione è necessaria, ma il nostro lavoro è prima di tutto capire le persone, non le tecnologie”, entrare in contatto con loro, a prescindere dai dati e lavorando su “idee analogiche”, concetto concretizzato nel lavoro ‘C21 Restaurant’.