Città smart e case intelligenti sono al centro dell’Internet of Things che sarà protagonista anche a Expo 2015 con il Future Food District dedicato all’integrazione tra produzione alimentare e tecnologie
Nel 2014 l’Internet of Things (IoT) è diventato un elemento centrale per il business anche in Italia e le prospettive sono ancora più positive per i prossimi anni. Proliferano le aziende dedicate, crescono i finanziamenti alle start up del settore e cominciano a entrare in gioco anche i grandi player globali.
Secondo la ricerca dell’Osservatorio Internet of Things della School of Management del Politecnico di Milano, presentata ieri, il mercato dell’IoT in Italia ha raggiunto quota €1,55 miliardi, in crescita del 28% sull’anno precedente, per quanto riguarda gli oggetti interconnessi tramite SIM cellulare.
A questi va sommato il mercato delle applicazioni che si appoggiano a tecnologie diverse e che vale altri €400 milioni. “Il 2014 è stato l’anno della svolta per l’IoT che ha ricevuto una straordinaria accelerazione assumendo un ruolo sempre più centrale nel business delle aziende, della Pubblica Amministrazione e nel quotidiano di tutti”, sostiene Alessandro Perego, responsabile scientifico dell’Osservatorio, per il quale l’IoT è “un’innovazione che crea valore, incide sui fondamentali competitivi, rende possibili funzionalità e servizi prima quasi inimmaginabili”. L’Italia, per altro, è tra i Paesi più attivi in Europa, almeno in alcuni ambiti come la Smart Car.
Il futuro dei wearable
Per il prossimo futuro dell’IoT è importante anche la crescita dei dispositivi wearable, delle applicazioni di Smart Factory, che consentono di aumentare produttività e flessibilità, e di Smart Agriculture, che beneficia della rinnovata attenzione nei confronti della filiera alimentare legata a Expo 2015. Per il 2015, la ricerca dell’Osservatorio ha identificato tre temi caldi: smart car, smart home e smart city.
In Italia oggi ci sono 4,5 milioni di auto connesse, il 94% per la registrazione di parametri di tipo assicurativo, mentre cresce notevolmente l’interesse dei consumatori per la casa intelligente – il 46% dei proprietari di casa si dice interessato ad acquistare prodotti inerenti la sicurezza e il risparmio energetico – e anche dei grandi player, non solo delle start up. Le assicurazioni, per esempio, invece di costruire generici profili di business grazie all’IoT potrebbero costruirne per ogni singolo assicurato. E lo stesso vale per i consumi energetici. Quanto ai wearable, l’ambito presenta buone opportunità ma è ancora incerto, soprattutto lato consumatori: “l’offerta è ricca, ma la value proposition è ancora poco chiara e si rischia l’effetto gadget”, sottolinea Angela Tumino, responsabile della ricerca dell’Osservatorio, suggerendo di fare un po’ d’ordine e di puntare non solo al B2C, ma anche al B2B dove i benefici dell’adozione dei wearable potrebbero essere ancora più evidenti.
Smart Home e consumatori
Secondo la ricerca che Doxa ha realizzato per l’Osservatorio presso un campione di 1.000 heavy internet user le persone ne vogliono sapere sempre di più sulla smart home: 8 su 10 ne hanno sentito parlare – e internet è la prima fonte di informazione per il 76%, seguita dalla TV con il 58%, dal passa-parola con il 38% e dalla stampa con il 31% -, 1 su 4 possiede oggetti intelligenti e connessi e il 69% vorrebbe poterli gestire da smartphone e tablet. Ma soprattutto chiedono che i dispositivi smart siano sempre di più interoperabili, cioè in grado di dialogare anche se di marche differenti, ma oggi la gran parte dell’offerta è ancora soprattutto verticale, cioè chiusa nel suo walled garden. Ancora una volta, l’offerta non è sincronica con la domanda