Rischiare senza lasciarsi condizionare dalle tendenze e produrre progetti originali in un mondo globale sempre più omologato, che si tratti di un nuovo bus per rimpiazzare gli iconici ‘double dock’ londinesi o il quartier generale di Google.
Com’è un genio? Uno che è stato pomposamente definito “il Leonardo da Vinci dei nostri tempi” il problema dovrà porselo. No. Thomas Heatherwick si presenta quasi dimesso e con un tono della voce encomiabilmente pacato, la barbetta incolta molto meno carismatica di quella del suo più noto (per ora) precursore.
Per chi non lo sapesse, Heatherwick viene attualmente considerato uno dei designer più importanti d’Inghilterra e del mondo. Ma probabilmente lui non sarebbe contento di questa definizione, perché il concetto di “definizione” gli va stretto: non vuole che il suo lavoro venga ghettizzato con etichette limitative.
La sua ‘Hyper-Physical Revolution’ consiste nel passaggio da un design multidisciplinare a un design multidimensionale. Non ci sono dipartimenti separati, ci sono progetti diversi affrontati e risolti con modalità diverse la cui unica caratteristica comune è il superamento dei cliché. Per Heatherwick il punto è principalmente l’individuazione del problema, e solo da lì parte la fase creativa e risolutiva, di volta in volta elaborata specificamente sul caso particolare.
Come The Hive a Singapore, ristrutturazione della Nanyang Technological University: se il problema è come promuovere l’interattività fra gli studenti nelle 56 aule, la soluzione è disfarsi dei classici chilometrici corridoi per sostituirli con uno spazio unico di comunicazione per ognuno dei piani delle 12 torri che cingono l’atrio. Se il problema è come far stare assieme la gente nell’Hudson River Park a New York, la soluzione è modellare un’isola palafitticola accessibile da diversi ponti all’altezza del Molo 55, con tanto di colli e boschetti.
Se il problema è come umanizzare i grandi palazzi, invece di cedere alla tentazione di ingrandirli sempre di più, la soluzione è la favolosa 1.000 Trees di Shanghai, che a qualcuno ricorderà il Bosco Verticale di Boeri Studio e i ‘natural buildings’ di Hundertwasser, ma che porta a estreme e spettacolari conseguenze la tematica della convivenza Uomo-Natura. Curioso che per disegnare le movimentate quote di questo progetto Heatherwick abbia utilizzato la plasmabile manovrabilità di italianissimi spaghetti: un involontario tributo al suo ispiratore rinascimentale?