Il pensiero strategico dietro le campagne italiane più premiate agli ultimi Cannes Lions
Poco più di un anno fa Diesel, con il ritorno in prima linea del fondatore Renzo Rosso, ha messo a punto un nuovo posizionamento che riattualizza l’indimenticato ‘Successful living’ ideato negli anni ’90.
Non rottura dunque ma continuità e recupero della tradizione creativa del brand, con un posizionamento aperto che si presta a infinite opportunità di reinterpretazione. Che, in collaborazione con Publicis Italia, ha dato vita a campagne come ‘Go with the flaw’ e ‘Go with the fake’, premiate a Cannes Lions con 13 Leoni di cui tre d’Oro.
Il processo di ridefinizione della strategia di marca, condotto dal team guidato dal chief marketing officer Dario Gargiulo, si è svolto piuttosto velocemente, circa in tre mesi, ed è iniziato dall’ascolto all’interno dell’azienda e all’esterno. Un momento fondamentale perché brand così carichi di significato possono generare visioni differenti, anche all’interno della stessa organizzazione. Infatti da dipendenti e collaboratori sono emerse idee simili ma non identiche, sfumature nel linguaggio che a livello di marketing hanno un peso significativo. Poi è stata la volta dell’ascolto esterno, per comprendere il percepito rispetto alla marca.
Il primo consumer insight, al centro della campagna ‘Go with the flaw’ (Vai coi difetti), è quello dell’imperfezione vista come una qualità, una dote. Il team di Diesel e Publicis ha riflettuto sulla ricerca spasmodica della perfezione che emerge da social media come Instagram, a cui tutti aspirano ma che alla fine si rivela poco ispirante. Un insight rilevante per il consumatore, che ha a che fare con la vita quotidiana e vale per tutti i target che si relazionano sui social media, ma che appartiene anche al brand e alla sua storia, visto che il successo di Renzo Rosso come imprenditore nasce da non pochi cambi di rotta e dal mettersi sempre in discussione.
Così l’imperfezione estetica e caratteriale diventa la chiave per il ‘Successful living’. Ma rispetto agli anni ’90 il posizionamento ha assunto una sfumatura diversa. Allora il denim era simbolo di ribellione e rottura, mentre oggi è completamente sdoganato. Allo stesso modo la comunicazione affrontava i temi in modo deciso – vedi invitare le persone a fumare di più per metterle in guardia sui rischi del fumo, o parlare di global warming quando ancora non ne parlava nessuno – per creare consapevolezza nell’epoca pre-social. Ora essere ribelle ha perso la sua ragion d’essere perché, con i social, il potere è nelle mani di chiunque. Andarvi contro è irrilevante.
La vera ribellione è quindi comprendere che ci sono opportunità non colte e alternative. Questo approccio, unito al consumer insight dell’imperfezione, mostra un punto di vista diverso sulla realtà e rimette in discussione il conformismo (ad esempio quello che impera sui social, dove si adotta un atteggiamento conservativo per non esporsi al ‘massacro’), ispirando il pubblico ad assumere un comportamento diverso.
Anche la campagna ‘Go with the fake’ nasce dalla capacità di convertire i problemi in opportunità percorrendo una via alternativa: il messaggio è globale, comprensibile ovunque, anche se nasce da un insight locale, dallo stile di vita dei newyorkesi, unito a trend specifici come l’importanza di indossare i loghi per i più giovani e la passione per le edizioni limitate. A logiche proprie del fashion sono state mescolate quelle lifestyle. La collocazione nel bel mezzo della settimana della moda di New York ha poi dato il boost all’iniziativa, che è riuscita a parlare di prodotto, di prezzo e di qualità senza annoiare.
I risultati del nuovo stile non si sono fatti attendere. Grazie al nuovo corso di comunicazione il livello di engagement del consumatore è completamente cambiato ed è aumentato in modo significativo il tempo speso sui contenuti proposti dal brand. L’interesse del pubblico si è trasformato subito in traffico positivo sul sito Diesel.com mentre a livello di sentiment le ricerche hanno confermato come Diesel sia e rimanga un love brand. Non ultimo, il percepito di marca è radicato e simile in tutto il mondo, dal Brasile all’Indonesia, fatto non comune per un brand italiano e anche per tanti marchi lifestyle.