Con 250 milioni di euro di valore stimati dall’Osservatorio IoT della School of Management del Politecnico di Milano, il mercato della smart home italiano appare come una goccia nel mare di un mercato globale che nel 2016 era stato valutato da istituti di ricerca internazionali oltre i 24 miliardi di dollari con una previsione di crescita superiore a 53 miliardi di dollari entro il 2022.
Le ragioni per cui dotare la casa di oggetti connessi sono però comuni in tutti i mercati, prime fra tutti il risparmio energetico e la sicurezza, l’invecchiamento della popolazione, la ricerca di maggior benessere in casa.
Secondo l’Osservatorio IoT nel mercato italiano della casa connessa, insieme alle startup (che offrono oltre metà dei prodotti in vendita) sono entrati grandi produttori con brand affermati, dotati di una rete di vendita capillare e di una filiera fidelizzata di installatori, fattori cruciali per aumentare la fiducia dei consumatori: mancano però all’appello i grandi OTT come Amazon, Google e Apple che all’estero stanno battagliano sul terreno degli smart speaker.
C’è da notare che in Italia il 51% dei consumatori si dice preoccupato per i rischi legati alla privacy e gli attacchi informatici che possono passare attraverso gli apparecchi connessi.
Altra importante barriera all’acquisto è la difficoltà nell’istallazione dei prodotti insieme alla carenza di servizi che consentano di creare valore e la scarsa riconoscibilità della gran parte dei brand che oggi presidiano il mercato.