È uno dei principali azionisti di Unilever e anche quest’anno torna alla carica contro il marketing troppo concentrato sul purpose oltre il consumo.
Nella sua lettera annuale agli azionisti, Terry Smith, amministratore delegato del fondo azionario Fundsmith che possiede una significativa quantità di azioni Unilever, si è sfogato nuovamente contro le scelte della multinazionale.
Se l’anno scorso oggetto degli strali era la maionese Hellmann’s e la pretesa di Unilever di farne un faro contro gli sprechi alimentari, questa volta Smith prende di mira i metodi di commercializzazione del sapone. “L’ultima volta che ho controllato il sapone era per lavarsi”, ha scritto, contestando lo scopo di Lux che “si propone di ispirare le donne” a superare i giudizi sessisti quotidiani ed esprimere la loro bellezza, contestando l’utilità di un tale posizionamento.
Dopo tutto quello che ha fatto negli ultimi 20 anni il brand Dove, quella di “ridicolizzare Unilever per aver cercato di vendere un sapone facendo leva sull’autostima delle donne” è, secondo la piattaforma Contagious, “una scelta coraggiosa”, forse dettata dalla numerosità delle azioni possedute.
In un’altra parte della lettera, Smith torna ancora sulla vicenda Hellmann’s – brand cresciuto a doppia cifra negli ultimi 2 anni – sostenendo che “non sappiamo quanto sarebbe cresciuto senza purpose”.
Torto e ragione. Per Contagious, Smith ha ragione sulla mancanza di prove e “forse, sul fatto che Unilever ha puntato troppo sul purpose, imponendo ai brand aspirazioni elevate che non gli appartengono”, ma sbaglia a liquidare del tutto il purposeful marketing e a insinuare che un marchio debba essere strettamente legato alla sua funzione. Anche perché con la scelta che c’è sugli scaffali sarebbero tutti commodity. Per la cronaca, Smith se l’è presa anche con Apple e Meta, ma non con Nike, di cui possiede un consistente pacchetto azionario, e che quanto a purpose non lascia indietro nessuno.