Dopo l’adesione a un progetto pilota, promosso dall’associazione europea EASA che riunisce le diverse Autodiscipline, l’Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria (IAP) ha concluso il primo round di monitoraggio dell’influencer marketing.
L’analisi, realizzata attraverso una piattaforma potenziata da algoritmi di intelligenza artificiale per filtrare migliaia di contenuti e passata al vaglio di un gruppo di lavoro di IAP, evidenzia che il 74% dei contenuti presentava una disclosure corretta, volta a identificarli come tali; il 17% aveva sì una disclosure, ma non inserita in modo corretto perché non adeguata o non immediatamente percepibile; solo il 10% dei contenuti pubblicitari è risultato nettamente in contrasto con il Codice IAP dato che non riportava alcuna disclosure.
Si tratta di “spunti di riflessione interessanti”, segnala l’Istituto, anche se il test non ha pretese di assoluta scientificità ed è sperimentale.
La piattaforma dell’EASA ha permesso di prendere in esame una quantità di contenuti che non sarebbe stato possibile verificare senza procedure automatizzate: 4mila contenuti tra post, video, reel, stories; su tre differenti piattaforme, Instagram, Youtube e TikTok; in due diversi segmenti temporali di 1 mese ciascuno; generati da circa 450 creators, suddivisi in 3 categorie per numero di follower.
L’analisi sfata il pregiudizio che l’influencer marketing sia un far west sul piano della trasparenza, tuttavia la percentuale di messaggi scorretti o non ben segnalati suggerisce che c’è ancora da fare, soprattutto sul piano della formazione per meglio padroneggiare gli strumenti di trasparenza.