Dentsu, IPG, Publicis Media e WPP, con un modello ibrido che mette insieme in-housing e competenze dei consulenti, affiancheranno Nestlé nella definizione di standard e processi per “aumentare trasparenza ed efficacia” degli investimenti media digitali
Per negoziare meglio con Google, Facebook e altri player dell’ecosistema ad-tech, Nestlé ha creato una divisione interna di cui faranno parte esperti digitali di diverse holding media.
Guidato da Sebastien Szczepaniak, responsabile globale vendite business digitale dell’azienda, e da Tom Buday, responsabile globale marketing e comunicazioni di consumo, il Global Digital Media Center of Competencies (DCoC) vede la partecipazione di Dentsu, IPG, Publicis Media e WPP.
Con i loro specialisti affiancheranno Nestlé negli hub in Usa e Uk nella definizione di standard e processi con l’obiettivo di “aumentare trasparenza ed efficacia” degli investimenti media digitali dell’azienda, ha dichiarato Szczepaniak a The Drum, che ammontano al 40% del totale investimenti e il cui 65% è in modalità programmatica.
Il modello ibrido, che mette insieme in-housing e competenze dei consulenti, è centrato su 6 practice – forniture e transazioni, audience, media retail, ottimizzazione creativa dinamica, trasparenza delle operazioni pubblicitarie e media – ed è stato scelto nella consapevolezza che l’azienda da sola non sarebbe riuscita a risolvere i problemi che riguardano tutta la catena del media digital.
“Crediamo in questa terza alternativa: continuare a lavorare con le agenzie media, ma a un livello diverso” per far crescere le competenze interne e stabilire KPI molto chiari, ha detto Szczepaniak spiegando che queste conoscenze saranno man mano trasferite agli altri hub dell’azienda per migliorare il media nei mercati locali dove il DCoC sarà anche responsabile dell’assistenza nella definizione di nuovi contratti tanto con le DSP quanto con le SSP e gli editori.
Selezione. Nestlé ha già scremato molto il numero di SSP nel suo rooster, passate da oltre 65 a solo 10, ma sta ancora cercando di creare relazioni più dirette relativamente alle garanzie di qualità delle inventory, dimensione e analytics lungo tutto l’ecosistema.
“Se è necessario discutere con Verizon un nuovo contratto in un determinato mercato, il DCoC fornirà il quadro negoziale a garanzia della trasparenza e degli standard cui puntiamo”, ha aggiunto Szczepaniak.
L’esperimento DCoC dovrebbe anche servire ad attenuare certe tensioni che si sono create dopo la creazione da parte di Nestlé della propria DMP e che, a quanto riporta The Drum, hanno coinvolto la product manager per i media programmatici Teresa Fusaro, che ha dichiarato di aver incontrato parecchie resistenze tra alcuni partner, di cui non ha fatto il nome, restii a impegnare le proprie risorse in set di tecnologie esclusivo di un cliente senza ricevere alcun incentivo.
Szczepaniak ha anche detto che i budget destinati alle diverse piattaforme potrebbero decrescere se i walled garden non rispondessero agli standard richiesti ai fornitori, non importa se ciò scatenerà “frizioni” nei rapporti. Il DCoC gestirà in modo centralizzato anche i dati di prima parte di Nestlé che stanno diventando sempre più cruciali man mano che l’azienda riduce l’uso di quelli di terza parte e diminuiscono i cookie, mentre saranno implementati i dati di seconda parte, come retailer e piattaforme pubblicitarie online, la cui attivazione è fondamentale per l’obiettivo di raddoppiare – passando dal 20% al 40% – il tasso dei messaggi personalizzati nelle media impression.