#Endgame, come è stato intitolato il Forecast 2020-2021, segnalava un ‘finale di partita’ e la possibilità di costruire una realtà differente. Alla luce dell’emergenza covid-19 dovranno mutare anche le modalità di diffusione e comunicazione e i concetti di prodotto
Giulia Ceriani, founder e presidente di babaconsulting, con il suo ultimo TrendMonitor, aveva intravisto una situazione cruciale che il ‘cigno nero’ del coronavirus ha accelerato nei risultati più drastici.
Perché #Endgame? “La situazione che stiamo attraversando porta all’estremo limite le contraddizioni di una congiuntura che, da anni, andava facendosi sempre più tesa. Nelle condizioni esistenziali, in quelle economiche e ambientali. Una divaricazione sempre più ampia tra la grande maggioranza della popolazione schiacciata da una crisi mai finita e un ristrettissimo segmento composto da nuovi ricchi e antichi privilegi; tra un’ideologia digitale sovradimensionata e l’effettivo digital gap che in questi giorni molti riconoscono amaramente; tra l’insostenibilità dello sfruttamento ambientale e le ridottissime misura per contenerlo. Che la corda fosse tesa e stesse per spezzarsi, che le decisioni fossero urgenti, il nostro Forecast lo ha solo puntualizzato, ma avrebbe dovuto essere evidente a tutti. Quantomeno a chi è in condizione di prendere decisioni cruciali”.
Non si tratta del fenomeno virale come metafora. “Fin troppo facile leggerlo così. Ma è vero che il virus, nella sua capacità anarchica di sovvertire l’ordine precostituito e di riconoscere i terreni più favorevoli per attecchire, ha colto il momento apicale della curva di saturazione e, come ogni tendenza fa, ha cavalcato e cavalcherà l’onda fino a che troverà una paradossale disponibilità ad accoglierlo (vedi i comportamenti noncuranti e le denegazioni, fortunatamente sempre più sporadiche)”.
Che cosa cambierà. “Penso che questa situazione si protrarrà. Abbastanza per invertire la maturazione nei confronti delle relazioni virtuali (e di quelle personali), l’impiego del tempo, gli oggetti del desiderio. Più cibo, certo, come in ogni momento di crisi. Ma forse anche più pigiami di seta e, chissà, forse anche più libri. Scherzo (parzialmente), ma credo, per esempio che le modalità di diffusione e comunicazione dovranno mutare, saranno diversi gli spazi rappresentati in comunicazione, i modi per abitarli, i bisogni che ospiteranno. E, di conseguenza, i concetti di prodotto che avremo voglia di avere con noi”.
Come affrontare questo periodo. “Ognuno dovrebbe trovare in sé le risorse per farlo, penso. E questo è il primo insegnamento, riattivare la potenza della propria solitudine per poter abbracciare solo poi quella degli altri. Per quanto riguarda i mercati, e le ricerche in particolare, credo che questo momento dovrebbe portare a rivalutare quella prassi di pensiero strategico che noi sosteniamo da anni, con il lavoro sulle tendenze che è lavoro sull’anticipazione e sulla valutazione razionale dei futuri possibili. Più scenaristica strategica, più intelligenza analitica, e meno programmatica”.