La Talent Agency & Influencer Platform Hoopygang delinea le tendenze del comparto e spinge per una “professionalizzazione” degli influencer, a beneficio della trasparenza e della crescita della filiera
di Simone Pepino, CEO di Hoopygang
Oggi l’influencer marketing è un settore multi-miliardario che muove professionalità e interessa gli investimenti pubblicitari di uno spettro sempre più variegato di categorie e settori merceologici. Una vera e propria economy, il cui giro d’affari nel 2021 è stimato in 272 milioni di euro solo in Italia (Fonte UPA), 13,5 miliardi a livello mondiale (Fonte Statista).
Per intenderci, il recente black-out di Facebook, Instagram e WhatsApp non ha provocato un danno economico solo al colosso social, ma anche avuto ripercussioni sulle campagne e sul mondo dell’influencer marketing. Un mondo in grande evoluzione, connotato da una forte carica innovativa e da una complessa dimensione tecnologica, che ha stimolato Hoopygang a stilare i trend del momento, arrivando a proporre la creazione di un Albo degli Influencer che riconosca e dia visibilità soprattutto ai professionisti della filiera.
L’Albo degli influencer: una nuova professionalizzazione per il settore
Il moltiplicarsi e l’eco sui media di corsi accademici e professionali rivolti a potenziali influencer è solo la punta dell’iceberg. Oggi i talent sono l’espressione di un comparto maturo che occupa tanti addetti ai lavori, suddivisi tra agenzie, società di produzione, brand, associazioni, consulenti e richiede skill, linguaggi, strumenti e competenze dedicate.
A oggi i temi della trasparenza e dei rapporti tra influencer, agenzie e aziende sono regolati dalla Digital Chart di IAP, anche se si continuano a riscontrare pratiche opache e la distinzione tra promozione o endorsement spontaneo, purtroppo talvolta, non è netta come dovrebbe essere.
Nonostante ciò, agenzie e realtà del comparto come Hoopygang hanno a disposizione il supporto della tecnologia per valutare e fornire ulteriore credibilità e autorevolezza alle collaborazioni reali e di valore. Infatti, oggi è possibile misurare i talent in relazione a parametri come l’engagement e i risultati che sono in grado di produrre, scavando a fondo sulla fisionomia della loro community.
Un ulteriore sforzo potrebbe essere quello di impegnarsi nella creazione di un vero e proprio Albo degli Influencer, che elenchi e dia visibilità ai professionisti del “buon” influencer marketing. Una ulteriore bussola per regolare le pratiche quotidiane del mercato, proteggere i consumatori e dare maggiore valore a chi ha fatto dell’influencer marketing il proprio mestiere.
Influencer in tv
Un mestiere che è sempre più trasversale tra mondo digitale e reale, tra social e tv. Se in passato, infatti, la pubblicità televisiva ha fatto ricorso a testimonial legati soprattutto al mondo dello spettacolo, del cinema e dello sport, è sempre più frequente trovare negli spot tv influencer, instagrammer, tiktoker. L’obiettivo è semplice: colpire le audience più giovani e target specifici utilizzando le personalità della loro generazione anche sul piccolo schermo.
Ricordiamo la campagna pubblicitaria di Tampax, con la recitazione nello spot tv da parte della tiktoker Silvia Buratto. Più recentemente è partita anche la comunicazione dell’ecommerce tedesco di fashion About You, con il volto della giovane creator Swami Caputo.
Una tendenza coerente e ormai allargata rispetto ai casi “scuola” di Chiara Ferragni e di sua sorella Valentina.
Ciò ha avuto implicazioni sul ruolo dell’influencer marketing nei piani media degli inserzionisti: ormai i contorni tra on e offline sono sempre meno nitidi e in futuro vedremo aumentare la commistione tra questi due mondi. Così come la presenza di influencer in tv, in associazione a un prodotto o a un’azienda.
Social commerce: influencer a performance
In questo scenario, l’influencer marketing si propone come un settore altamente tecnologico e in evoluzione. E, negli anni a venire, il suo valore sarà sempre più tangibile e connesso alle performance.
Tra le varie tendenze, infatti, il social commerce sta conquistando finalmente anche il Vecchio continente e il nostro Paese. Questo modello di vendita, in base a cui le transazioni sono concluse all’interno delle piattaforme social, potrebbe raggiungere i 605 miliardi di dollari nel 2027, secondo alcune previsioni, come quelle elaborate da Statista. Il valore attuale è di “soli” 90 miliardi. E le potenzialità sono chiare a tutti.
A fare la differenza nel social commerce sono e saranno sempre più gli influencer, che basano il rapporto con i follower su valori come credibilità e fiducia e sono in grado di coprire l’intero customer journey, dal pre-lancio fino alla vendita. Proprio quest’ultima prerogativa ha spinto le ultime evoluzioni del comparto e ben si concilia con il social commerce: oggi, infatti, gli influencer possono tranquillamente soddisfare obiettivi di performance, lavorando con successo sulla parte bassa del funnel (in italiano imbuto, o meglio la metafora utilizzata per descrivere il processo decisionale di acquisto di un consumatore).
È presumibile attendersi che da loro passerà una discreta quota del valore atteso dal social commerce nei prossimi anni.
PMI: nuove opportunità tra nicchie e nano-influencer
L’influencer marketing sta espandendo i propri confini anche verso categorie e comparti di nicchia, così come su aziende di dimensioni contenute rispetto ai big brand che hanno inizialmente trainato lo sviluppo del settore.
Prendendo in considerazione l’indice DESI (Digital Economy & Society Index) creato dalla Commissione europea per valutare i progressi dei vari Stati in termini di digitalizzazione, il punteggio delle PMI tricolori si attesta ben al di sotto della media. Per esempio, siamo solo 26esimi su 28, per quanto riguarda le vendite online delle PMI.
Uno scenario in cui emergono opportunità notevoli per il segmento: grazie, infatti, alla possibilità di raggiungere nicchie e sfruttare nano-influencer, anche le PMI possono dire la propria e programmare investimenti mirati sia all’awareness sia alla promozione di offerte e prodotti.
La capillarità tra settori e servizi dell’influencer marketing è ormai cosa nota e le diverse piattaforme e professionisti sono pronte per rispondere a una domanda in fase di espansione. Quella delle piccole e medie imprese, tradizionalmente considerate il corpo e il motore dell’economia.
Collab House e NFT
Infine, i fenomeni più interessanti che arrivano dall’estero sono le Collab House e gli NFT.
Le prime riguardano l’aggregazione di più influencer e creator all’interno di un’abitazione, dove documentano la propria vita e producono contenuti per le piattaforme social. Arrivano dagli USA e si stanno diffondendo anche in Italia con i primi esempi di ambienti collettivi.
Il secondo ha a che fare invece con gli NFT (Non Fungible Token), gettoni che validano e rappresentano una proprietà digitale su sistema blockchain. In questo caso i creator possono accedere a un nuovo strumento a protezione della proprietà intellettuale e generare ricavi con le royalty da copyright. Inoltre, anche i brand possono creare con gli influencer esperienze NFT per ingaggiare i consumatori, sostenendo obiettivi di awareness e performance attraverso l’uso di format innovativi.
Tra gli esempi italiani si possono citare l’artista Federico Clapis, l’imprenditore digitale Marco Montemagno e Vanity Fair che, nel settembre scorso, ha portato in edicola la prima copertina realizzata in NFT, creata con la startup Valuart con protagonista la cantante Elodie, diventata così un bene digitale unico e irripetibile.