I social incoraggiano una percezione distorta della libertà e facilitano l’ubriacatura individualista. Per correre ai ripari serve definire regole condivise, anche con il contributo di chi si occupa di comunicazione
di Francesco Morace, Presidente di Future Concept Lab
Il grande sociologo Zygmunt Bauman 25 anni fa lanciò l’ipotesi nel suo libro ‘Modernità Liquida’ che tutto si stesse liquefacendo in una melassa consumista: nel libro appena pubblicato per i tipi di Egea, io parlo piuttosto di evaporazione in una società sempre più aleatoria, in preda a tormenti (dal Covid al cambiamento climatico) che si subiscono senza averne alcun controllo.
Una società in cui si è costretti a sollevarsi da terra per esistere, affrontando la sfida dell’esposizione allo sguardo degli altri. Nella liquidità di Bauman si poteva affogare, travolti passivamente dalla marea montante di una società ingiusta e conformista, orientata al consumo.
Nella ‘Modernità Gassosa’ molti soggetti considerano lo spazio digitale come la cornice della propria identità e sappiamo che un quadro senza cornice non può essere appeso alla parete e reso visibile. Per molti soggetti (non solo giovani) senza una esposizione della vita personale non si esiste.
In questo modo i social hanno segnato il passaggio dal consumo materiale al consumo di sé, della propria esperienza, della propria immagine, del proprio aspetto fisico. Essere riconosciuti e apprezzati è un desiderio connaturato e potente: chi lo sottovaluta rischia di non cogliere il cambiamento e di non attrezzarsi per affrontare il futuro.
Partecipare al gioco sociale di ciascuno che ‘spia’ tutti gli altri ha qualcosa di irresistibile. È sempre avvenuto: il problema è che oggi tutti possono partecipare a questo gioco, a costo zero. Le molle dell’ammirazione, dell’emulazione, dell’invidia, sono attive da sempre, ma oggi riguardano l’intera umanità, senza distinzioni: tutte le generazioni di ogni classe sociale. Il fenomeno si può governare solo con un livello molto elevato di consapevolezza, cercando il giusto equilibrio.
Mostrarsi al mondo. Nel libro spiego che i social permettono a chiunque di mostrarsi al mondo: inevitabilmente il cielo si riempie così di palloni gonfiati, personaggi che pompano il proprio Ego come fossero la rana di Esopo, per poi spesso ‘scoppiare’ precipitando miseramente al suolo.
A rischio sono naturalmente i più giovani, che si illudono di poter diventare influencer e guadagnarsi così da vivere, allontanandosi dalla dimensione della responsabilità e della competenza necessaria in ogni lavoro.
Capita così sempre più spesso di incontrare individui con un Ego esagerato ed esagitato: ragazzi che vivono borderline, lanciando challenge allucinate, mettendo a repentaglio la loro vita e quella degli altri; belle ragazze che giocano a fare le regine della seduzione limitandosi a esibire le proprie forme; bambini e gatti con milioni di follower.
Ultra-libertà. I social incoraggiano una percezione distorta della libertà che definisco ultra-libertà: la libertà viene confusa con l’irresponsabilità e la mancanza di qualsiasi limite.
Nella sospensione pulviscolare i social facilitano l’’ubriacatura’ individualista: esternazioni senza limiti dei propri pensieri e opinioni, senza avere alcuna competenza, con la crescente pretesa di essere ascoltati, riconosciuti, considerati senza alcun rispetto per le regole civili che una comunità deve sempre poter definire, in modo condiviso e democratico: è questo l’unico modo di correre ai ripari. E in questo agenzie e comunicatori avranno un ruolo di responsabilità davvero decisivo.