Il futuro non è più quello di una volta, ma la GenZ ci può salvare con la sua abilità di attraversare i confini

L’estensione geografica dell’immaginario giovanile porta questa generazione a una apertura mentale low cost che la libera da preconcetti e apre a un interesse appassionato e non ideologico per la diversità.

di Francesco Morace, presidente Future Concept Lab

Francesco Morace

Sulla vittoria di Trump e la disfatta dei democratici in Usa sono state spese molte parole e prodotte molte analisi di esperti e politologi. Ma un elemento forse non è stato sufficientemente affrontato e approfondito: la sconfitta del futuro come auspicabile ‘tempo di vita’. Mentre Kamala Harris proponeva una visione lanciata nel futuro, cercando di coinvolgere giovani e donne in un progetto di trasformazione della società e dei suoi valori, Donald Trump difendeva invece un passato di valori tradizionali, retrivi, di un’America bianca e maschile, che alla fine ha prevalso con la promessa di ‘occupare’ il presente, ancora per molto tempo. E allora dobbiamo accettare una prima evidenza: il futuro in questo momento non è un’opzione spendibile in termini elettorali.

Paura del futuro. In questo momento, il futuro spaventa e anche per i giovani rappresenta un ‘buco nero’ in cui si ha paura di precipitare. Meglio un presente claudicante, che almeno si conosce e si governa, anche se con fatica, rispetto a un futuro in cui tutto appare minaccioso: il cambiamento climatico, le guerre sempre più vicine, le disuguaglianze sociali, i conflitti religiosi, persino la pervasività fuori controllo dell’IA che erode il potere contrattuale dei lavoratori.  Meglio affidarsi a improbabili protettori del passato, dei propri minimi privilegi, che rischiare il salto nel buio di un futuro che nessuno più riesce a immaginare migliore. Più facile allontanare i rischi di un futuro che minaccia di inghiottire le migliori speranze e intenzioni.

E allora? È qui che appare necessario un cambio di passo: in primo luogo da parte dei creativi, dei visionari, dei comunicatori. Perché la storia ci insegna che alla lunga l’unico carburante possibile – da immettere nei serbatoi dell’immaginario – è il linguaggio della speranza: dimostrando, proprio nei momenti di maggiore sconforto, la capacità di reagire sprigionando un’insospettabile forza di reazione.

Ribaltare la prospettiva. E allora è tornato il tempo di guardare al futuro come l’unica terapia possibile, con nuova energia e creatività, puntando però su una speranza che sia credibile. Ci sono i mezzi, le conoscenze, le intelligenze e le risorse per un ribaltamento di prospettiva. Evitando lo schiacciamento sul presente o peggio il ripiegamento nel passato. Pensare il futuro significa rischiare, battere territori sconosciuti, sfidare angosce e ansie, puntare sulle proprie vocazioni con coraggio e intraprendenza.

E qui arriva l’elemento nuovo, l’effetto sorpresa che da ricercatori possiamo segnalare e che lancia un segnale di speranza credibile. C’è una giovane generazione che – per quanto inquieta – proietta il suo futuro nel ‘viaggiare’: attraversare i confini è una abilità che si manifesta già da tempo per molti giovani. A 16 anni viaggi da sballo a Barcellona con amici e compagni di scuola, a 19 anni viaggi di studio a Copenhagen per la propria formazione, a 22 anni viaggi oltreoceano di esplorazione e conoscenza per alimentare amicizie cosmopolite (in Usa e in Australia), a 28 anni viaggi di lavoro e di nomadismo digitale, magari a Riga o a Capetown.

L’estensione geografica dell’immaginario giovanile porta questa generazione a una apertura mentale low cost che la libera da preconcetti e apre a un interesse appassionato e non ideologico per la diversità. Affamati di cose nuove anche dal punto di vista culturale e artistico, nell’esplorare nuovi territori dell’esperienza, trovano nutrimento in tutto ciò che li sfida a sperimentare e poi imparare a essere più bravi in qualcosa, migliorando nel tempo.

Molti di loro desiderano esprimere sé stessi e seguire le proprie passioni entrando in contatto con persone ‘diverse da loro’ per scoprire affinità elettive inaspettate, e lo fanno divertendosi, mantenendo il controllo del proprio tempo, passando da una dimensione all’altra, da un linguaggio all’altro, conquistandosi la propria libertà oltre i confini.

Sognando un futuro ‘in viaggio’: da immaginare, progettare, preparare, vivere e poi raccontare. Il viaggio diventa così un antidoto alla dittatura del presente, uno scambio continuo con comunità di riferimento che non sono chiuse, ma dinamiche, cosmopolite, variegate: tutto ciò appare in perfetta sintonia con l’epica dell’avventura, di un futuro finalmente libero da minacce. E allora forse sarà così che riusciranno a consegnare, in modo nuovo, il futuro all’umanità.

Il futuro non è più quello di una volta, ma la GenZ ci può salvare con la sua abilità di attraversare i confini ultima modifica: 2024-12-06T11:19:09+01:00 da Redazione

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