Secondo Giuseppe Minoia uscire oggi comporta un certo impegno che deve essere ripagato dal merito del prodotto culturale di cui si fruisce. Non repliche, ma qualcosa del tutto nuovo
Dice Giuseppe Minoia che i mesi di confinamento e distanziamento sociale hanno cambiato gli italiani, che non si comporteranno più come prima, riconsidereranno tutto il paniere della spesa, non tanto in una logica di revenge shopping, ma di “reset e rethink”.
In questo ripensamento il marketing e la comunicazione avranno un ruolo molto importante, per continuare il dialogo e la relazione con i consumatori. “Emergono comportamenti, per ora solo pensati e progettati, e un desiderio forte di uscire di casa non per fare acquisti nei negozi fisici, ma per tornare a certe fruizioni culturali, dal cinema d’essai al blockbuster al concerto live, magari per pochi intimi, in sostituzione di quelli in streaming dei mesi scorsi”.
È un desiderio, però, che deve andare oltre il già visto e già consumato, sostiene l’insight advisor di GfK, il che spiegherebbe anche quella quota di italiani, ben oltre il 50%, che dice di essere restia a uscire di casa e tornare ad affollare luoghi di intrattenimento e consumo. “Uscire oggi comporta un certo impegno che deve essere ripagato dal merito del prodotto culturale di cui si fruisce”, spiega Minoia. Non repliche, neppure di grande successo, ma qualcosa del tutto nuovo.
“La comunicazione ha un ruolo molto importante nel far lievitare un nuovo interesse”, ma l’osservazione di questi mesi fa concludere a Minoia che entertainment e istituzioni culturali in Italia hanno poca o nulla – con qualche eccezione – attitudine al marketing creativo. “Quasi nessuno ha coltivato il legame con il pubblico e il mondo della cultura non ha saputo interpretare il suo ruolo, soprattutto a Milano”, aggiunge Minoia. Eppure avrebbero tutti gli strumenti per tenere relazioni personali con abbonati, spettatori o singoli clienti.
Vicini ai consumatori. Paradossalmente, in questi mesi sono stati più vicini ai consumatori negozi di scarpe o casalinghi, pure chiusi, ma aperti con mailing list e gruppi whatsapp più di quanto non abbiano fatto teatri e librerie.
“Eppure Milano conta il più famoso teatro d’opera del mondo, La Scala, e il teatro più noto d’Italia, Il Piccolo, in questi mesi come paralizzati e silenziosi, mentre le persone sono desiderose di avere notizie delle loro passioni”. Secondo Minoia questo atteggiamento “wait and see” da parte del mondo dell’intrattenimento, alto e basso, non giova a un più ampio sistema economico: “se gli uffici sono chiusi perché il lavoro è in remoto, i cinema, le sale da concerto e i teatri latitano, allora non si consuma al ristorante, al bar, al pub. Bisogna osare di più, non nascondersi dietro le regole e stare in silenzio”. Per Minoia ci sono alcune eccezioni a cui ispirarsi: il Museo Poldi Pezzoli che a Milano fa pagare 1 euro i primi 1.000 visitatori, il Teatro dell’Opera di Napoli che lancia la nuova stagione pur non avendo grande visibilità sui mesi che verranno e la offre agli ‘early bird’, la Pinacoteca di Brera che riapre su appuntamento e lancia una fruizione quasi esclusiva delle opere.
E se i cinema, che riaprono il 15 giugno, possono contare su concessionarie come Movie Media che hanno costruito in breve tempo il primo circuito integrato di sale per l’estate, dai cinema tradizionali alle arene passando per i drive-in, è pur vero che a Roma riapriranno solo 2 cinema su 50, perché le spese sarebbero sempre più alte degli incassi.