L’avvocato Gilberto Cavagna di Gualdana, partner di Andersen, fa il punto sulla normativa riguardante l’influencer marketing in tema di pubblicità occulta e sulle best practice indicate dall’AGCM
La diffusione sui social network da parte di influencer – ovvero persone che abbiano acquisito presso un pubblico, più o meno vasto, credibilità e prestigio – di post, tweet e commenti che mostrano sostegno o approvazione per determinati brand (c.d. endorsement), generando così un effetto pubblicitario, costituisce oramai una consolidata modalità di comunicazione e gli operatori ricorrano sempre più al fenomeno dell’“influencer marketing” per promuovere i propri prodotti o servizi.
I messaggi sui social degli influencer sollevano tuttavia dubbi di liceità, dal momento che la finalità pubblicitaria non è sempre riconoscibile ai follower e i post possono spesso apparire come una condivisione spontanea e disinteressata della propria vita quotidiana.
1. Il quadro normativo
La pubblicità occulta, che non rilevi quindi la sua natura in modo trasparente, è nel nostro ordinamento vietata, sia dagli artt. 22 e 23 del Codice del Consumo che dell’art. 7 del Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale , norme volte a garantire ai consumatori la massima trasparenza e chiarezza sull’eventuale contenuto pubblicitario delle comunicazioni, così da renderli consapevoli del fatto che si trovino di fronte ad un vero e proprio contenuto promozionale e non di fronte ad un racconto spontaneo e disinteressato del vissuto quotidiano dell’autore del messaggio.
L’Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria (IAP) ha inoltre di recente emanato un testo normativo specificamente dedicato all’influencer marketing, il Regolamento Digital Chart , che contiene una serie di indicazioni pratiche per una corretta promozione sui social e, più in particolare, individua alcune diciture opportune per segnalare la natura pubblicitaria del post (come “pubblicità/advertising[nome del brand]”, “promosso da/promoted by[nome del brand]”, eventualmente anche accompagnati da opportuni hashtag ) o del video (suggerendo che i disclaimer siano posti nelle inquadrature di inizio e di fine oppure esplicitati con dichiarazioni verbali dei soggetti ripresi).
2. Le prime decisioni
Le pronunce aventi ad oggetto comportamenti legati all’influencer marketing sono ancora poche.
Una certa eco ha avuto l’anno scorso l’ordinanza del Tribunale di Genova con la quale è stato condannato Philipp Plein, all’esito di un giudizio cautelare (ordinanza del 4 febbraio 2020).
Lo stilista e imprenditore tedesco, fondatore dell’omonimo brand e influencer di moda, aveva infatti pubblicato alcuni post sul proprio profilo Instagram in cui aveva riprodotto propri capi di abbigliamento accostandoli al marchio e alle auto Ferrari e, nonostante fosse stato invitato più volte dalla casa di Maranello a rimuovere le immagini, non aveva provveduto in tal senso sostenendo che le immagini pubblicate avessero una mera finalità descrittiva delle sue personali abitudini di vita e non già uno scopo commerciale.
Pur riconoscendo che per gli influencer è elemento essenziale la rappresentazione della propria vita, al pari dell’ostentazione dei beni di consumo dei quali si circondano, nel provvedimento il Tribunale ha tuttavia evidenziato come l’uso di marchi di terzi si può ritenere lecito solo se autorizzato dal titolare o sia inevitabile, perché visibile sui “prodotti normalmente usati dal soggetto rappresentato per compiere l’azione pubblicata” (così l’ordinanza in commento). Diversamente, l’uso di un marchio altrui deve considerarsi abusivo quando “le immagini riprodotte dall’influencer non possano trovare altro significato – in capo ai fruitori dei social media – che quello commerciale e pubblicitario”; circostanza che normalmente accade quando l’esposizione del marchio è accompagnata da inserzioni o didascalie espressamente pubblicitarie, il marchio è pubblicato in un contesto che risulti prevalentemente indirizzato alla comunicazione pubblicitaria e/o compaia in immagini che di per sé non possano avere altro significato che l’esposizione di un prodotto a scopi commerciali.
In applicazione di tali principi il Tribunale ha quindi ritenuto in violazione dei diritti di Ferrari la pubblicazione di immagini che riproducevano le calzature poste sul cofano di un’autovettura, circostanza che “non descrive il momento di vita di alcuno (momento che può essere l’atto di mangiare, riposarsi, camminare, festeggiare, conversare etc.), anche in considerazione del fatto che appoggiare delle scarpe sul cofano di un auto costituisce condotta del tutto priva di giustificazione pratica” (così ancora l’ordinanza), ma che risulta evidentemente (e solamente) giustificata dalla finalità di promuovere la vendita delle calzature create dallo stilista, mediante l’associazione con l’autovettura di lusso riprodotta .
Su alcuni casi di influencer marketing si è pronunciata anche l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM), con due provvedimenti: il primo (n. 27787 del 22 maggio 2019) aveva ad oggetto la pubblicazione, sul profilo Instagram di alcuni influencer italiani, di post in cui appariva visualizzato, in modo centrale e sproporzionato rispetto al conteso narrativo-espressivo, il logo Alitalia stampigliato sui capi di abbigliamento firmati da Alberta Ferretti e indossati dagli influencer stessi, senza alcuna menzione alla natura commerciale dei contenuti postati e altra apparente spiegazione se non l’intento promozionale. Il secondo provvedimento (n. 28084 del 16 marzo 2020) riguardava invece i post pubblicati da diversi (micro)influencer, nei propri profili Instagram, aventi ad oggetto prodotti a marchio Barilla relativi alla linea “Pan di Stelle”, senza le opportune avvertenze. Entrambi i provvedimenti si sono conclusi con l’accettazione degli impegni proposti dai professionisti interessati a rendere i consumatori consapevoli di trovarsi in presenza di un vero e proprio messaggio pubblicitario e non di fronte ad una condivisione autonoma e indifferente della vita quotidiana.
Non sono mancate anche alcune prime pronunce dello IAP (sistema privatistico di natura contrattuale). Una delle decisioni più significative è stata quella che ha visto coinvolti Peugeot ed un noto influencer che aveva pubblicato alcune stories riprese presso lo stand della casa automobilistica in occasione degli Internazionali di Tennis d’Italia a Roma (Giurì 45/2018), condannati in quanto “nessun accorgimento è stato adottato per rendere edotti i followers dell’artista della natura pubblicitaria dell’endorsement, che non era di per sé immediatamente evidente agli occhi del consumatore medio, né a fortiori agli occhi del più vulnerabile consumatore-followers”. Peugeot è stata ritenuta responsabile – nonostante si fosse professata estranea alla comunicazione – in base al principio della responsabilità dei committenti per il fatto dell’ausiliario (ex art. 2049 c.c.) e per fatto proprio, in quanto avvisato della pubblicazione, tramite tag al proprio profilo, e da quest’ultimo citata sul profilo dello stesso.
3. Le linee guida dell’AGCM
I provvedimenti sono stati l’occasione per l’AGCM di vagliare e indicare alcune best practices per tutelare i consumatori contro il marketing occulto, “particolarmente insidioso poiché idoneo a privare i destinatari delle naturali difese attivate in presenza di un dichiarato intento pubblicitario” (così la pronuncia del 2019), e garantire la massima trasparenza e chiarezza sull’eventuale contenuto pubblicitario delle comunicazioni diffuse sui social.
Più in particolare, l’AGCM ha ritenuto che impegni, come i seguenti, rispondano pienamente ai principi generali di riconoscibilità e siano idonei a sanare possibili profili di illiceità della pratica commerciale:
– quanto alle società committenti:
1) l’adozione di specifiche linee guida volte a chiarire e fissare le regole di condotta cui gli influencer devono attenersi e che costituiscano parte integrante di ogni accordo di collaborazione commerciale stipulato con i singoli influencer (con la previsione anche di misure sanzionatorie graduate, in funzione della natura e del valore del contratto, nel caso in cui l’influencer non le rispetti); le linee guida dovranno illustrare il principio della trasparente indicazione della natura pubblicitaria della comunicazione, chiarendo come tale principio trovi applicazione anche alle comunicazioni diffuse tramite i social network (con l’indicazione chiara di specifiche avvertenze da inserire nei post);
2) l’inserimento, nei contratti di licenza del marchio a fini di sponsorizzazione o di endorsement e/o di co-marketing, di una clausola standard che preveda l’obbligo per influencer e ogni partner commerciale di adottare tutte le misure e le cautele necessarie per evitare il verificarsi di fenomeni di pubblicità occulta, con espresso richiamo all’adozione di corrette modalità di comportamento e impegno a rendere riconoscibile la finalità promozionale di post e comunicazioni (con la previsione anche di penali commisurate al valore economico del contratto, in caso di non assunzione di corrette modalità di comportamento di pubblicizzazione del prodotto e, nei casi più gravi, il diritto per la società di risolvere il contratto con facoltà di richiedere il risarcimento del danno);
3) l’adozione di una apposita comunicazione da accludere ad ogni spedizione di forniture in omaggio, attraverso la quale la società inviti il destinatario al rispetto della normativa a tutela dei consumatori e della concorrenza (ad es. inserendo un inserzione ben leggibile nei post in cui si indica la provenienza dei prodotti e la natura gratuita degli stessi, tramite l’utilizzo di frasi evocative come “Questo prodotto mi è stato inviato/regalato da [nome del brand]”) o hashtag quali #adv, #sponsored o #suppliedby[nome del brand]);
4) la predisposizione e l’invio da parte delle funzioni apicali della società alle funzioni coinvolte nella gestione dell’influencer marketing di una comunicazione formale che raccomandi di attenersi al più rigoroso rispetto della normativa in materia di pratiche commerciali scorrette con particolare riferimento all’adozione di tutte le cautele necessarie per evitare il verificarsi di casi di pubblicità occulta;
– quanto ai singoli influencer:
- a) nei casi di promozione di un prodotto nell’ambito di un rapporto di committenza, per rendere riconoscibile la natura promozionale dei contenuti pubblicati, anche dei c.d. contenuti “a scadenza”, quali ad esempio le stories , l’inserimento in modo ben visibile nella parte iniziale del post o di altra comunicazione diffusa in rete di apposite diciture, quali “pubblicità/advertising”, “promosso da/promoted by [nome del brand]”,“sponsorizzato da/sponsored by [nome del brand]”, o “in collaborazione con/in partnership with [nome del brand]” e/o nel caso di un post l’inserimento entro i primi tre hashtag una delle seguenti avvertenze, quali #advertising, #ad, #sponsoredby[nome del brand], #pubblicità[nome del brand], #pubblicità, #advertising[nome del brand], #inserzioneapagamento[nome del brand];
- b) nei casi in cui, nei propri post, mostri prodotti ricevuti in omaggio o per un modico valore, l’inserimento di apposite avvertenze tramite hashtag, quali #prodottofornitoda[nome del brand], #suppliedby[nome del brand] oppure avvertenze esplicative ben leggibili volti ad esplicitare la circostanza di aver ricevuto il prodotto in regalo, quali “Grazie a [nome del brand] per avermi regalato questo splendido vestito” o “Amici, vi faccio vedere questo nuovo prodotto regalatomi da [nome del brand]”);
– quanto alle agenzie coinvolte:
ove sia l’agenzia che, per conto del committente, proceda ad instaurare una relazione contrattuale con l’influencer, provvedendo alla sua remunerazione, il contratto tra il committente e l’agenzia – oltre a prevedere l’obbligo a carico di quest’ultima di stipulare con gli influencer contratti con cui questi si vincolano al rispetto delle linee guida – conterrà clausole volte a responsabilizzare ulteriormente l’agenzia che vigilerà attentamente sull’operato degli influencer, così attivandosi tempestivamente, anche su eventuale segnalazione del committente, per garantire l’osservanza delle linee guida e inserendo altresì meccanismi di deterrenza (ad esempio, riduzione di corrispettivi e/o penali e/o sospensioni di pagamenti) e sanzionatori nel caso di violazione da parte dell’agenzia dei suddetti obblighi. Anche in tal caso i meccanismi saranno ovviamente applicati nel rispetto dei principi di ragionevolezza, proporzionalità e gradualità a seconda delle circostanze concrete e nel rispetto della propria autonomia imprenditoriale e libertà contrattuale delle parti. Deve inoltre essere previsto un obbligo contrattuale a carico dell’agenzia di replicare negli autonomi contratti stipulati con gli influencer analoghi meccanismi di deterrenza e sanzionatori da attivarsi da parte dell’agenzia.
4. Conclusioni
L’influencer marketing rappresenta una grande opportunità, anche per le diverse possibilità e le numerose modalità espressive; dove tuttavia è facile “perdersi”. Seguire le linee guida dell’AGCM dovrebbe quindi evitare possibili rischi di violazioni e relative sanzioni. Da valutare, ovviamente, caso per caso.
Avv. Gilberto Cavagna di Gualdana
Partner, Andersen