Nella ‘Lettera di Natale’ di Francesco Morace un invito alla ricerca della felicità che parte dal riconoscere il talento buono della nostra cultura millenaria e dall’accogliere da altre culture l’insegnamento a essere più tenaci e meno trasformisti per affrontare le sfide di un cambiamento radicale
di Francesco Morace, Future Concept Lab
Il Natale è sempre un tempo felice: è il tempo della famiglia, degli amici, della convivialità. È il tempo in cui si tirano le somme di un intero anno: non ancora il tempo dei propositi (che arriva a Capodanno), ma il momento di celebrare il ‘noi’ che condivide invece di separare.
Arrivati alla fine di questo anno faticoso, noi italiani siamo nel pieno di un cambiamento radicale: si tratta di affrontare il prossimo anno con una sensibilità rigenerata, in realtà già presente in molte persone, all’insegna di nuove sfide sul piano personale e politico, sociale e familiare, puntando a quell’esperienza che riguarda in primo luogo la dimensione che ci qualifica nel mondo: inseguire la felicità, per quanto sia possibile.
In questo senso diventa utile approfondire – come ci propone Marco Balzano nel suo libro ‘Cosa c’entra la felicità’ – le quattro dimensioni felici che emergono dall’etimologia in quattro diverse culture: Eudamonìa dal greco antico (la felicità di fare bene le cose), Happiness dall’inglese (la felicità come occasione da cogliere), Ashré dall’ebraico (la felicità di procedere verso i propri obiettivi) e infine Felicitas dal latino (la felicità della fioritura).
La prima dimensione ci arriva dal mondo greco e ancora ci appartiene: molti italiani hanno in sé il demone di quel talento buono (l’Eudamonìa come la intende Aristotele) che li rende unici e riconosciuti per ciò che ‘fanno’: nel mondo della produzione industriale, artigianale, artistica. La nostra cultura millenaria ci avvicina alla possibilità di essere felici cercando l’eccellenza: dovremmo però meglio riconoscerla ed esserne orgogliosi, tanto da trasferirla ai nostri figli.
Siamo bravi anche nella capacità di cogliere le occasioni, presente nella seconda dimensione: la Happiness anglosassone punta infatti sull’accadere (to happen) e sulla capacità di plasmare a nostro vantaggio ciò che avviene nel presente. Questa capacità ci rende resilienti sia nel meglio – creativi, ingegnosi, veloci nel reagire alle avversità – che nel peggio – opportunisti, pronti a cambiare opinione e a salire sul carro del vincitore, volatili fino alla slealtà – in una parola: inguaribilmente trasformisti. L’accusa che molti ci fanno: soprattutto i tedeschi.
La dimensione felice che invece proprio non comprendiamo e non riusciamo a interpretare è quella ebraica dell’Ashrè: la felicità di procedere decisi e senza tentennamenti verso i propri obiettivi. La piena soddisfazione che si incarna in un popolo in cammino, unito e compatto verso lo stesso traguardo di crescita, di miglioramento progressivo, di realizzazione individuale e collettiva. Senza questa forza la diaspora ebraica durata millenni avrebbe distrutto la capacità di questo popolo di rimanere “comunità nel mondo”. Noi non ci riusciamo ed è un peccato.
Rimane la quarta dimensione, che ci arriva dalla nostra origine latina e che possiamo riscoprire in questo tempo complicato: la Felicitas. Cerchiamo di capire come. Nel cambiamento tumultuoso in cui siamo immersi, è forte il rischio di perdere il senso, il valore delle cose e delle persone. La bussola può diventare allora il pensiero e la sensibilità femminile, che continuano ad alimentare la ricchezza della diversità, anche attraverso il potere generativo che solo alle donne appartiene: la felicità del generare e della fioritura contenuta nel termine latino Felicitas.
In questo scenario bisogna allora proporre senza indugio l’intelligenza vitale del pensiero femminile, sul filo di ciò che le donne sono capaci di fare meglio degli uomini, nonostante un mondo che ancora non rispetta la promessa di pari diritti: empatia, ascolto, cura, relazione e responsabilità. E allora forse riusciremo a godere – tutti insieme, donne, uomini, e creature del mondo – della pienezza di una vita più felice. Come per magia avviene a Natale.