Mai sottovalutare il potere creativo della sorpresa e della meraviglia che nascono dagli incontri casuali, dalle conversazioni non programmate, dalle persone diverse da noi
di Francesco Morace, sociologo e fondatore di Future Concept Lab
In questi due anni abbiamo sperimentato l’incertezza e l’imprevisto nella loro declinazione più drammatica: il suo dark side e relativa resilienza. Oggi stiamo verificando che esiste anche il lato vitale dell’incertezza (sfida, coraggio, visione) che il mondo della comunicazione può e deve intercettare.
Le principali risposte durante la pandemia sono state protezione, resistenza e resilienza. Questa fase si è chiusa. Oggi stiamo vivendo una controspinta vitale che bisogna interpretare. Esistono infatti dei vantaggi quando si affronta l’incertezza del presente, che non si limitano alla resilienza come antidoto alla fragilità, ma contemplano ad esempio: l’apertura mentale che ci aiuta ad accettare l’imprevedibile; la consapevolezza di quanto tutto possa cambiare in peggio ma anche in meglio; la disponibilità a sperimentare con il coraggio di una visione; un’idea di futuro che dia spazio all’utopia; la rilevanza della cura e della rigenerazione. Tutto ciò si traduce anche in uno scenario di mercato in cui le certezze diventano piattaforme, le incertezze ci spingono invece a offrire il massimo e le passioni vengono condivise in condizioni di legami deboli in luoghi di grande socialità come le città.
Tra i vantaggi dell’incertezza annoveriamo anche il potere creativo della sorpresa e della meraviglia, e cioè ciò che più ci è mancato durante i lockdown: la sorpresa che arriva dai legami deboli, dagli incontri casuali, dalle conversazioni non programmate, dalle persone diverse da noi incontrate al bar o al cinema, da quella fetta di vita imprevista che fa sempre la differenza. Ed è questo che in futuro vorremo recuperare, rimescolando le carte che non possono certo essere distribuite rimanendo in connessione remota.
Bisogna distinguere tra ciò che ci ha salvato (la tecnologia che ha reso possibile la strategia del distanziamento) e ciò che in futuro tornerà a renderci felici: la frequentazione allargata di luoghi attrattivi, espressione di passioni collettive (lo sport, la musica, l’arte) e di consumi rituali.
Nella faglia paradigmatica dell’incertezza è importante allora ridefinire strategie innovative di sperimentazione, spostando il confine tra pubblico e privato, tra indoor e outdoor, sulla base di un rinnovato patto sociale, in cui già oggi sono coinvolte generazioni e classi sociali, per una società più equa e inclusiva. È questo il tempo della social innovation, in cui la creatività è definita da connessioni inaspettate, da un circolo virtuoso di legami deboli e relazioni impreviste che creano scintille, trasformandosi poi in cambiamento sociale, alimentato da progetti che riguardano ad esempio i nuovi diritti del lavoro tra lavoro remoto e nuove regolamentazioni orarie, o le nuove logiche educative tra apprendimento in DAD e partecipazione in presenza.
Nella fase di ridefinizione del Bene Collettivo come quella che stiamo vivendo, emerge la centralità di uno spazio-tempo comune che prescinde dalla nostra percezione, e che accoglie la comunità planetaria sempre più consapevole del proprio destino. Si tratta di ritagliarsi tempi e spazi rigenerati, attraverso un New Deal che Luciano Floridi ha definito Universal Trust: non più solo un Contratto Sociale tra gli umani, ma un progetto più ambizioso che riconosca il legame universale tra esseri umani, creature viventi e ambienti di vita. In questa dimensione il tempo e lo spazio sono legati inestricabilmente e risultano soggetti a eventi globali (pandemie, cambiamenti climatici, catastrofi naturali) che sfuggono al nostro controllo. È un tempo condiviso, collettivo, connotato anche geograficamente, da vivere aldilà della classica percezione quotidiana e da misurare con un countdown che viene regolato dalla capacità dei popoli di rendere più vivibile il pianeta.