Al Super Bowl le tensioni culturali accendono le conversazioni. Ma la voglia di divertimento è forte

Il 51° Super Bowl ha segnato domenica notte la vittoria New England Patriots e altrettanto chiara è la tendenza che ha caratterizzato questa edizione del massimo evento televisivo americano. Anni di ‘social good’ e ‘marketing with a purpose’ hanno educato i brand all’inclusione e al multiculturalismo nonché a pronunciarsi sui fatti di rilevanza sociale e culturale per emergere grazie a un’opinione chiara e distinta: da qui il diluvio di messaggi anti-trumpisti, quando più quando meno calcati, da fior di advertiser. Ma tra le altre tendenze, a far contraltare all’impegno politico, c’è forse ancora più voglia di divertimento da parte del pubblico, stufo delle zuffe dell’ultimo anno

Hanno seguito l’evento in tv, trasmesso in esclusiva da Fox, 111,3 milioni di spettatori (dati Nielsen) – meno dello scorso anno che aveva registrato una media di 111,9 sulla CBS e del 2015 con 114,4 milioni – ma con punte di 117,5 milioni durante lo spettacolo dell’halftime, che ne fa il secondo halftime show più seguito di sempre (dietro a quello di Kathy Perry nel 2015). Ovviamente si tratta di una stima perché la rilevazione non considera le persone che si ritrovano per vedere la partita in luoghi pubblici come bar o ristoranti. Sul fronte digitale l’audience che l’ha seguito in livestream è stata la più alta mai registrata con 1,7 milioni di utemti unici per minuto, +23% rispetto allo scorso anno.

In tutto il mondo, 64 milioni di persone hanno avuto 240 milioni di interazioni su Facebook (il 90% su mobile) e 44 milioni di persone hanno avuto 150 milioni di interazioni su Instagram relative al Super Bowl. Su Facebook, i video relativi all’evento hanno ottenuto 262 milioni di visualizzazioni.

BRAND CON UN’OPINIONE. Dunque a pronunciarsi contro il neo presidente degli Stati Uniti sono stati inserzionisti top come Budweiser con lo spot ‘Born the Hard Way’ sulla storia del fondatore immigrato, Airbnb ‘We Accept’ sulla policy anti-discriminazione, It’s A 10 Hair Care con un ironico invito a curare i propri capelli visto che ai piani alti c’è ben poco da sperare.

Coca-Cola si è limitata a rimandare on-air nel pre-show lo spot del 2014 ‘America is beautiful’ con un messaggio di inclusione e multiculturalità che ha scatenato tanto polverone adesso come allora. Mentre nello spazio super-premium dell’halftime show sponsorizzato da Pepsi Lady Gaga ha citato “This land is your land” di Woodie Guthrie, manifesto degli oppositori delle politiche di Trump.

A questi si aggiunge il caso dell’anno: quello dell’azienda edile 84 Lumber il cui film, ideato dall’agenzia Brunner di Pittsburg, è stato censurato dalla Fox perché troppo evidentemente politicizzato. L’escamotage per mettere d’accordo tutti è stato trasmettere una parte dello spot con l’invito a vedere il finale, dove si vede il muro che Trump vorrebbe costruire, sul sito: risultato, il sito Journey84.com è crashato per una decina di minuti per i troppi accessi e online (qui il film intero) il video è stato visto milioni di volte.

E’ STATO ANCHE IL PiU’ CHIACCHIERATO LO SPOT DI 84 LUMBER secondo la società di social analytics Brandwatch. Sui social media la storia del viaggio della famiglia messicana oltre il confine è stato commentato e citato oltre 99mila volte (ironia delle metriche, l’analisi è solo su post in lingua inglese). Segue con 90mila menzioni T-Mobile; Audi con 85mila; Mr Clean con 80mila e Budweiser con 63mila. Nel singolo minuto, i brand più commentati sono stati Buick con 7300 menzioni, Audi con 6600, Skittles 5600 e T-Mobile 4400.

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PER ACE METIX VINCE INVECE LA LEGGEREZZA. Secondo la società di analytics Ace Metrix invece l’intento politico dei brand non si è dimostrato vincente in termini di efficacia. La sua analisi, condotta su dati di audience e sul tono delle conversazioni su KPI come attenzione, rilevanza, cambiamento, piacevolezza ed emozione, hanno decretato che gli americani hanno preferito di gran lunga la leggerezza a messaggi dai temi controversi.

Peter Daboll, CEO di Ace Metrix, “gli americani escono da un anno di lotta politica ed è apparso che il grosso dell’audience attendesse con ansia una sorta di sollievo, invece che altri predicozzi, e alcuni brand hanno interpretato correttamente questo desiderio. Il problema di campagne con un’opinione politica è che parlano a persone con opinioni già polarizzate, che quindi sono o già d’accordo o assolutamente contro. Così si rischia di alienarsi una parte del pubblico». Questo è il caso di Lumber 84, inserito tra i flop.

Secondo Ace Metrix comunque ci sono stati anche brand che hanno affrontato temi importanti con molta attenzione e hanno avuto successo come Audi “Daughter” sulla questione del pay gap e Budweiser “Born the Hard Way” che hanno ricevuto molte poche critiche e praticamente hanno messo d’accordo tutti.

Esclusi gli spot che erano già andati in onda (Google Home, Coke, Wendy’s, Fiji Water, Airbnb e Sprite), quelli che hanno funzionato meglio sono caratterizzati da un approccio leggero alla vita quotidiana, storie in cui riconoscersi, visual impattanti e humour o – nel caso di Nintendo – un prodotto molto atteso e innovativo. Tra gli exploit anche P&G Mr. Clean ‘Cleaner of your dreams’, snobbato dai palati fini ma che si è rivelato memorabile, materia per ottimo real time marketing e ha funzionato bene in tutte le fasce demografiche.

Tra i flop anche Snickers che ha sperimentato lo spot live ‘Live Chaos’: ottimo per l’innovazione, ma è successo che il pubblico non ha fatto in tempo a inquadrare la storyline, e quando l’ha fatto lo spot era già finito: Daboll commenta «Ironicamente questa pubblicità avrebbe beneficiato di una maggior frequenza perché il pubblico potesse apprezzare la comicità della storia».

Altri flop Squarespace ‘Calling JohnMalkovich.com’ perché non comunicava le informazioni chiaramente e Sprint che ha giocato con lo humor nero (il padre che finge la sua morte davanti a un pubblico con tanti bambini).

I LIVE SPOT AL SUPER BOWL ALZANO LA POSTA NELLA RICERCA DI INNOVAZIONE

Forse non scatenato l’entusiasmo sperato, ma il live (o quasi) spot del Super Bowl hanno avviato un cambiamento nel panorama della TV. Lo sostiene AdAge non tanto per la ricerca di un meccanismo che stupisse la platea della finale NFL, quanto perché ormai il competitor diretto della pubblicità TV è lo smartphone nelle mani dei consumatori. Un trend che ha anche molto a che fare con la fine dell’effetto sorpresa per gli annunci del Super Bowl, ormai visibili online giorni prima della partita, e con Facebook Live. Più che il live in quanto tale, conta quanto sia necessario per le TV innovare il modello pubblicitario e trovare nuovi formati meno invadenti agli occhi dei consumatori.

I DRONI DI INTEL ILLUMINANO DI STELLE L’HALFTIME SHOW DI LADY GAGA

Infine parlando di innovazione merita una menzione la performance dei 300 droni che Intel ha fatto volteggiare prima e dopo la performance a comporre prima una bandiera a stelle e strisce e poi il logo di Pepsi. Si è trattata della prima integrazione dei droni in un evento televisivo. Dopo la conclusione della partita, l’azienda ha trasmesso uno spot da 10 secondi che mostrava di nuovo la coreografia dei droni Shooting Star.

 

 

Al Super Bowl le tensioni culturali accendono le conversazioni. Ma la voglia di divertimento è forte ultima modifica: 2017-02-07T09:16:38+01:00 da Redazione

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