Mentre si discute ancora dei dettagli nelle pubblicità di Coca-Cola realizzate con l’IA, 2Watch e B Side Lab hanno esplorato con gli strumenti del neuromarketing come il cervello percepisce gli spot pubblicitari realizzati con l’IA rispetto a quelli interpretati da persone reali.
L’entertainment company, che nel maggio scorso ha annunciato la sua prima campagna interamente generata con l’intelligenza artificiale, ha collaborato con il laboratorio di neuromarketing ri-producendo con l’IA tre commercial ‘reali’ di prodotti food & beverage venduti nella GDO.
Le coppie di spot, della durata compresa tra 15” e 45” e che includevano marchi noti e altri del tutto sconosciuti al pubblico italiano, sono state poi analizzate da B Side Lab utilizzando due gruppi di persone (in tutto, 30) e metodologie come elettroencefalografia, analisi della conduttanza cutanea ed eye tracking.
Nel primo, battezzato ‘Avvertimento IA’, i partecipanti venivano informati che avrebbero visto contenuti generati dall’intelligenza artificiale; nel secondo, invece, non ricevevano alcuna informazione preventiva.
Le risposte. Secondo Side B Lab e 2Watch i dati raccolti offrono spunti chiari, sebbene si tratti di uno studio esplorativo. In primo luogo, quando avvertito il pubblico reagisce con una risposta emotiva positiva e intensa a tutti gli spot, sia quelli reali che quelli realizzati con l’IA, segno – sottolinea una nota – di un’aspettativa in corso.
Al contrario, in assenza di avvertimento sono gli spot reali a coinvolgere maggiormente chi li guarda.
“Il cervello sembra riconoscere l’autenticità dei tratti somatici e si lascia coinvolgere dalla narrazione con maggior trasporto”, spiegano 2Watch e B Side Lab.
Terreno comune. Sia gli spot reali sia quelli IA hanno in comune la capacità di attivare il ‘sistema di rispecchiamento’ nelle scene di consumo del prodotto che lo spettatore immagina di assaggiare, vivendo così un’aspettativa positiva.
Secondo gli ideatori dello studio, si tratta di una reazione fondamentale per il F&B e che sottolinea la capacità degli spot ‘sintetici’ di “soddisfare obiettivi di comunicazione mirati” tanto quanto gli spot tradizionali. Se però il focus visivo si concentra sui volti dei protagonisti, gli spot ‘reali’ godono di un vantaggio su quelli IA, dato dalla spontaneità delle espressioni e dall’empatia suscitata.
Quando invece gli spettatori sanno in anticipo di vedere contenuti realizzati con l’IA, mostrano anche un maggiore sforzo mentale per cercare di distinguere cosa è reale e cosa non lo è.
Il ruolo dell’aspettativa è fondamentale sulla percezione dunque sull’efficacia, spiega Carlotta Perlini, neuromarketing consultante di B Side Lab, che ha curato l’analisi. Anche l’empatia entra in gioco e spiazza l’IA quando questa cerca di ricreare l’elemento umano.
Come spiega Elena Sabattini, fondatrice di B Side Lab, “la pubblicità efficace non nasce dalla perfezione visiva, ma dalla spontaneità e verità delle emozioni umane, che il cervello riconosce come autentiche”.
Per Fabrizio Perrone, Ceo e founder di 2Watch, lo studio “rappresenta una svolta per l’industria della comunicazione”, confermando la direzione presa dalla content factory. “La vera rivoluzione non è tecnologica, è creativa”, aggiunge sottolineando che l’IA permette di “esplorare linguaggi narrativi completamente nuovi, di personalizzare i contenuti su scala impossibile prima, di testare infinite varianti mantenendo costi accessibili. Non si tratta di scegliere tra umano e artificiale, ma di liberare la creatività dai vincoli produttivi”.






