DDB ha invitato il regista di The Lord of the Rings e il Ceo di Colossal Biosciences, azienda di genetica che lavora per riportare in vita creature estinte, per raccontare come la prossima grande rivoluzione sia IRL, nella vita reale, nonostante gli incubi provocati dall’AI fuori controllo e dal cambiamento climatico

La combo Terra di Mezzo e Metalupi non poteva non attrarre gli appassionati di fantasy, ma non ci sono state concessioni al fan-service nell’incontro con Chaka Sobhani, President e Global Chief Creative Officer di DDB Worldwide, il regista Peter Jackson, autore della trilogia del Signore degli Anelli, e Ben Lamm, Co-Founder e Ceo di Colossal Biosciences, che quest’anno ha ottenuto notorietà internazionale per aver più o meno ‘de-estinto’ il Metalupo, l’animale vissuto nel Pleistocene che ha ispirato quelli di Game of Thrones.
Piuttosto, i tre si sono focalizzati sulle possibilità offerte dalla tecnologia e sul valore della creatività applicata al mondo reale.
Jackson è un grande entusiasta degli effetti speciali, anche se personalmente, ironizza, sa a malapena mandare un’email: «Amo come la tecnologia può dare vita ai tuoi sogni» dice, raccontando come il suo team avesse potuto acquistare il primo computer per il film del 1994 ‘Creature del cielo’, come due anni dopo per ‘Sospesi nel tempo’ ci fossero già 50 persone a lavorare a tempo pieno sui VFX, squadra poi cresciuta fino a 2.000 professionisti per il Signore degli Anelli. Nel 2018, per il documentario ‘They Shall Not Grow Old’, filmati risalenti alla Prima Guerra Mondiale sono stati letteralmente trasformati e adattati per schermi IMAX.
Jackson promuove anche forme ‘borderline’ di VFX come i deepfake, a patto di assicurarsi i diritti d’uso e di operare nella legalità: «Trovo che il deepfake sia una tecnologia incredibile, a patto che sia usata con l’approvazione della persona rappresentata o di chi ne cura i diritti. Esattamente come quando vuoi fare un film basato sull’adattamento di un libro, devi assicurarti di possederne i diritti. O come ha fatto Harrison Ford che nell’ultimo Indiana Jones ha fatto un deepfake di se stesso. Se invece viene usato illegalmente, senza che ci sia conoscenza da parte degli interessati, è spaventoso».

Jackson sta ora lavorando di nuovo al progetto di un grande museo del cinema, che pareva arenato e invece no, a Wellington, Nuova Zelanda, impegno che lo terrà occupato nei prossimi anni. «Ho un’enorme collezione di oggetti di scena di film, scenografie e costumi che ho accumulato nel corso degli anni, non solo dei miei film, ma anche di quelli di molte altre persone. Abbiamo comprato dei terreni a Wellington e nei prossimi tre, quattro anni costruiremo un grande museo del cinema che, spero, sarà il migliore al mondo. Sono davvero entusiasta, perché è qualcosa di nuovo, qualcosa di diverso che non ho mai fatto prima».
E quest’estate potrebbe anche esserci una collaborazione con Colossal Biosciences. «State stimolando l’immaginazione, l’entusiasmo, la curiosità dei bambini. C’è del buono in quello che state facendo» ha aggiunto Jackson, al di là delle metriche di gradimento riguardanti le notizie online generate da Colossal e sui puntini sulle ‘I’ posti dagli scienziati riguardo gli esperimenti di ‘de-estinzione’ del mammut, del topo lanoso e del metalupo.
«Abbiamo ricevuto feedback negativi sul fatto che non dovremmo fare scienza su Instagram o su TikTok, ma se vogliamo cercare di raggiungere i ragazzi con temi come il cambiamento climatico o la perdita di biodiversità o per farsi appassionare a una scienza davvero interessante dobbiamo andare dove sono e parlare la loro lingua» spiega Lamm.
Anche attraverso il marketing, aggiunge: «Abbiamo iniziato a ricevere richieste di brand che ci dicevano “La genetica, il Crispr, è cool. Come possiamo fare una collaborazione con voi che parli del nostro brand ed entusiasmi le persone per la scienza?”. Questo non faceva parte del nostro progetto, ma ora ci sono marchi che vengono da noi dicendo: “Come possiamo aiutarvi con il nostro pubblico, a raggiungere più ragazzi e ispirarli sui nostri prodotti, ma anche sull’educazione e sulla crisi della biodiversità?”.
F.B.