Rivedere le strategie dei programmi di loyalty: ci vuole attenzione al ‘fattore umano’ per l’Osservatorio Fedeltà UniPR

Per la prima volta, l’Osservatorio nota un maggiore coinvolgimento dei vertici aziendali che non oppongono più resistenza alla richiesta di riprogettare i programmi di loyalty

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Il peso strategico dei programmi fedeltà è molto chiaro per le aziende, che siano B2c o B2b, retailer, industria o servizi, tuttavia sembra necessaria una ridefinizione di loyalty ed engagement affinché siano realmente efficaci e allineate ai valori aziendali e all’evoluzione dei consumatori.

Lo rileva l’ultima ricerca dell’Osservatorio Fedeltà dell’Università di Parma che ha aggiornato lo stato dell’arte del loyalty marketing in Italia attraverso un sondaggio online presso 147 aziende (75% B2c).

La ricerca, coordinata da Cristina Ziliani, Giada Salvietti e Marco Ieva, rileva che la riprogettazione delle strategie è incentrata “prevalentemente sull’adeguamento alle preferenze e ai comportamenti di acquisto dei clienti”, ma guarda anche all’efficienza in termini di costi e investimenti.

Lo stato dell’arte presenta un’ampia diffusione dei programmi fedeltà, con il 77% dei rispondenti che dichiara di utilizzarne uno, in crescita rispetto al 70% del 2023 e al 60% del 2021. Guida la tendenza il retail, settore in cui il 90% delle aziende dichiara di averne uno.

Obiettivi. Per il 64% delle aziende, in rapida crescita rispetto all’edizione precedente (+14 pp vs il 2023), i vertici aziendali ritengono il programma fedeltà un centro di profitto anche perché per il 55% dei rispondenti i clienti fedeli sono aumentati nell’ultimo anno (sono rimasti invariati per il 25%) e per il 62% aumentano anche i nuovi iscritti al programma.

Risultati. Tutte le aziende che utilizzano un programma fedeltà formalizzato ne monitorano i risultati. Al contrario, solo il 50% di chi adotta iniziative orientate alla retention non strutturate ne misura effettivamente l’efficacia. Rispetto all’edizione 2023, l’Osservatorio rileva un aumento nell’adozione del Customer Lifetime Value (16%) sottolineando tuttavia un sottoutilizzo rispetto ai benchmark internazionali. Inoltre, la metà delle aziende misura il ROI del programma fedeltà e di queste il 90% dichiara che è positivo.

Coinvolgimento. Per la prima volta, l’Osservatorio nota un maggiore coinvolgimento dei vertici aziendali che non oppone più resistenza alla richiesta di riprogettare i programmi di loyalty, forse anche in virtù di una maggiore abitudine alla misurazione che diventa il punto di partenza per decidere di migliorarle.

Tecnologie e affollamento. La trasformazione digitale traina il redesign della loyalty con l’integrazione di nuovi touch point e tecnologie abilitanti. Ma non bisogna valutare anche il maggior affollamento del mercato (l’82% dei consumatori è iscritto a un programma fedeltà dei supermercati) per cui differenziarsi diventa vitale.

Cambiamenti. La ricerca ha sondato gli ambiti principali in cui le aziende si stanno concentrando nel ridisegnare i programmi fedeltà: nelle prime tre posizioni ci sono il rinnovo delle tipologie di vantaggi offerte (33%), delle tecnologie abilitanti (26%) e della meccanica (24%). Esperienze (38%) e vantaggi economici (26%) sono i due perni intorno a cui si concentra l’aggiornamento dei vantaggi offerti, mentre tra i touch point su cui investire di più, per i retailer emerge WhatsApp, mentre il mondo dell’industria si concentra sulle proprie pagine social.

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Rivedere le strategie dei programmi di loyalty: ci vuole attenzione al ‘fattore umano’ per l’Osservatorio Fedeltà UniPR ultima modifica: 2025-02-03T11:06:05+01:00 da Redazione

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