La rubrica ‘No Mercy/No Malice’ di Scott Galloway, docente di marketing alla Stern School of Business della New York University, oltre a essere molto personale e divertente, spesso mette a fuoco nuove tendenze nei media e nella comunicazione.
La puntata successiva alle elezioni presidenziali Usa ha incoronato come virtuale vincitore il podcast, medium quasi nuovo a cui Galloway attribuisce nell’elezione di Donald Trump lo stesso potere che ebbe la radio per Franklin Delano Roosvelt, la TV per JFK, le news via cavo per Roland Reagan e internet per Barack Obama.
Visto dall’Italia il podcast non sembra così potente – anche se i numeri sono sempre positivi, come quelli dell’ultimo Digital Audio Survey di Ipsos Italia -, ma secondo il professore gli eventi clou della campagna elettorale, dopo il dibattito tra Kamala Harris e Trump sono state le rispettive apparizioni a ‘Call Her Daddy’ e ‘The Joe Rogan Experience’.
Galloway ricorda che 136 milioni di statunitensi adulti ascoltano almeno un podcast al mese, che l’audience global è di 505 milioni di persone, 1/4 della reach di internet, e che “il modo più efficiente di raggiungere il pubblico più ampio e persuadibile, ovvero i giovani maschi, è il podcast”.
Reach e focus dei podcast, spiega, sono ineguagliabili: Rogan ha su Spotify 16 milioni di abbonati più svariati di altri milioni che lo seguono su una pletora di piattaforme e nei tre giorni successivi il dibattito live, su YouTube le tre ore di conversazione con Trump sono state viste da 40 milioni di persone.
“Per fare un paragone, quando Trump è apparso su ‘Gutfeld!’ di Fox News, che ha una media di circa 3 milioni di spettatori, ha raggiunto 5 milioni di persone e l’episodio completo è stato visto 2,3 milioni di volte su YouTube. Per non parlare dell’età, sempre più alta per il pubblico dei media mainstream (70 anni per la TV via cavo, 65 per i broadcaster) contro i 34 anni di chi ascolta podcast, del senso di intimità che produce la voce e che fa dei podcast un grande veicolo per le interviste, dell’essere svincolati dal qui e ora e del poter durare quanto vogliono di host, senza la gabbia di un palinsesto.
Sul tema podcast ed elezioni presidenziali ha scritto anche Francesco Taddeucci, direttore creativo e fondatore di SuperHumans, che ha evidenziato in un suo post su Facebook il ruolo avuto dei potenti podcaster statunitensi, che hanno offerto all’ex nonché futuro presidente una platea di milioni di giovani, su consiglio del figlio 18enne Barron, nonché del video, perché ormai i podcast vanno oltre la dimensione audio. Questo, mentre Kamala Harris ha puntato sui media tradizionali, ai quali non si può certo attribuire la sua sconfitta ma che non le hanno permesso di raggiungere questa vasta audience.
Significativa appendice indicata nei commenti è l’articolo ‘The Artificial State’ del New Yorker che spiega come gli algoritmi stiano sempre di più modellando le scelte politiche e il destino dei cittadini, mentre crolla la fiducia nelle istituzioni.