Tra i progetti a breve di Re:B una partnership con un centro di ascolto a livello nazionale, un’altra per supporto psicologico e psicoterapeutico a prezzi calmierati e la valutazione della forma giuridica più adatta a perseguire gli obiettivi. Il collettivo ha anche condotto una mappatura delle molestie nelle agenzie
A seguito degli episodi di molestie e sessismo denunciati sui social da Massimo Guastini, si è costituito recentemente un collettivo per combattere la tossicità negli uffici delle agenzie.
Si tratta della prima iniziativa concreta dopo lo scoppio del #MeToo delle agenzie, che ha avuto un certo risalto sui media per episodi di presunte molestie da parte di Pasquale Diaferia e la sua partecipazione non autorizzata a un’iniziativa dell’Adci – da cui poi è stato espulso – e per una chat maschilista all’interno di We Are Social.
Il collettivo si chiama Re:B, dai tre principi rebellion, rebuilding e rebooting, ed è stato fondato da Tania Loschi, Giulia Mandalà, Sara Rruga Dervishi, Zahra Abdullahi, Linda Codognesi. L’obiettivo dell’organizzazione è rendere i luoghi di lavoro liberi da ogni tipo di discriminazione di genere e offrire strumenti concreati per “arginare un problema sistemico e ben radicato”.
Re:B nasce come iniziativa di sostegno emotivo e anche legale alle donne e in generale alle persone che hanno subito abusi e molestie in agenzia. Al momento il gruppo opera attraverso un account Instagram seguito da 3.059 follower e una chat su Telegram con 244 membri.
Contattata da Brand News, l’organizzazione ha dichiarato che proprio in questi giorni sta ragionando su “quale natura giuridica sia la migliore per portare avanti i nostri obiettivi” per operare in modo più strutturato al di là dei canali social.
«A oggi sono già attivi il supporto legale gratuito per ricevere informazioni su come e quando si può procedere, il gruppo di ascolto su Telegram (per chi vuole, in forma anonima) che ha l’obiettivo di mettere in contatto le persone che hanno subito la stessa tipologia di trauma, il form in cui raccogliamo le testimonianze di abusi e molestie, per permettere alle persone che le hanno subite di sentirsi meno sole – hanno risposto le co-founder -. A breve (questione di giorni) lanceremo una partnership con un centro di ascolto che permetterà alle vittime di ricevere supporto a livello nazionale, siamo in via di definizione di alcuni partner per il supporto psicologico e psicoterapeutico a prezzi calmierati. A questo seguiranno dei laboratori che hanno l’obiettivo di diffondere la consapevolezza rispetto al problema e dare alle persone gli strumenti giusti per affrontarlo così da avviare il cambiamento culturale. Inoltre, sul lungo termine, stiamo lavorando a una serie di richieste che faremo alle agenzie e alle scuole di settore: richieste che saranno la base da cui partire per ricostruire il settore. In ultima, ci stiamo attrezzando per acquisire gli strumenti per supportare anche le agenzie e accompagnarle nel cambiamento che ormai non è più rimandabile».
Re:B ha dichiarato in una nota stampa di aver ricevuto più di “1.000 contatti di persone che hanno raccontato e condiviso la loro esperienza lavorativa” che include “molestie e abusi fisici, verbali e psicologici sul luogo di lavoro” attraverso un sondaggio condotto attraverso Google Forms e messaggi diretti su Instagram.
Questi dati sono anonimi e auto-dichiarati, ma l’organizzazione sostiene di avere nomi e cognomi. Attraverso il servizio di sportello legale, Re:B starebbe anche valutando di avviare delle denunce formali, che fin ora sono state l’elemento mancante della vicenda e anche l’unico determinante per farla approdare dai botta e risposta a mezzo social al luogo più indicato: l’aula di un tribunale.
Re:B ci ha spiegato di essere in contatto con “una cordata di avvocati che si sono resi disponibili a supportare la causa pro-bono”.
Secondo la nota, “In meno di un mese abbiamo individuato il coinvolgimento di più di 200 entità (tra agenzie e persone che molestano e abusano colleghə e dipendenti. In almeno 10 di queste agenzie, esiste o è esistita in tempi recenti una chat di solo uomini il cui scopo era commentare, sessualizzare e umiliare le colleghe”, una stima per difetto in quanto le le testimonianze maschili di denuncia – o autodenuncia – sono meno del 10% del totale ricevuto.
Il primo episodio censito risale al 1989, l’ultimo riguarda eventi in corso tuttora.
Il clima di tossicità riguarderebbe anche le scuole di comunicazione, nelle quali si sono verificati “epiloghi allarmanti”.