Riciclo, second-hand, re-commerce, mercati peer-to-peer sono modalità di consumo che ben interpretano il cambiamento delle logiche di consumo e una nuova condizione di ‘scarsità potenziale’.
di Francesco Morace, Future Concept Lab
I venti di guerra erodono le consolidate regole del business e ci costringono – da un giorno all’altro – a cambiare prospettiva. Era già avvenuto negli ultimi due anni con la pandemia, ma con la guerra alle porte di casa la trasformazione appare ancora più traumatica.
In particolare, oggi aziende e manager sono costretti a riconoscere e ridisegnare un quadro geo-politico completamente sconvolto dalla guerra tra Russia e Ucraina, e ragionare sulle nuove relazioni commerciali, sulle limitazioni in termini di disponibilità energetica e di materie prime, sulle catene del valore e della fiducia che si spezzano, in modo irreparabile.
In questa dialettica assai delicata che contrappone il benessere materiale ai valori della democrazia e della libertà, cambiano le logiche del commercio internazionale e cambiano i comportamenti dei cittadini e dei consumatori.
La globalizzazione generica viene ridimensionata e si creano nuovi confini e opportunità nella direzione di una economia selettiva, pur nella sua globalità. Qualcuno l’ha definita ‘friend-shoring’: rilocalizzazione di molte produzioni nei Paesi alleati. In questo ripensamento delle catene fiduciarie il cittadino vuole capire da dove arrivano l’energia, le materie prime, i semilavorati e i prodotti finiti, con quali accordi e quali regole di ingaggio. Il valore viene plasmato dalla fiducia e dall’affinità valoriale. Nello stesso tempo cambia anche il mind-style del cittadino-consumatore che interpreta l’economia di guerra, rafforzando alcune regole dell’economia domestica. Risparmio, second-hand, contenimento degli scarti e riutilizzo in tutte le forme.
Nella situazione socio-economica della Wargames Economy, difficile e incerta, diventa cruciale la capacità di trovare soluzioni concrete e nuovi equilibri che il mondo femminile, più maturo e consapevole di quello maschile, dimostra di avere, assumendo un ruolo ancora più ‘progettuale’ nell’ambito dell’economia e del consumo.
In questo modo si rafforza la predilezione per soluzioni alternative di consumo, attente al risparmio energetico, che si salda con le problematiche contingenti che derivano dall’interruzione della supply chain.
La crisi di approvvigionamento delle materie prime e dell’energia nel mercato globale negli ultimi due anni orienta verso scelte di prossimità, che compensino la carenza di prodotti e servizi, anche attraverso forme di abbonamento o acquisti di gruppo.
A questa sensibilità si aggiunge la cura e l’amore verso i prodotti, percepiti con un proprio ciclo di vita da seguire e non spezzare.
Scarsità potenziale. Riciclo, second-hand, re-commerce, mercati peer-to-peer sono modalità di consumo che ben interpretano questo rispetto per prodotti che ‘hanno vissuto’. Nel corso della Design Week il fenomeno è pervasivo ed è stato battezzato Design Re-Generation: dalle installazioni alla Statale al progetto di Porsche con l’artista floreale Ruby Baerber, dal lavoro di Stella McCartney con nuove fibre vegetali e vegane fino alla Floating Forest di Timberland.
Parallelamente, ci si abitua a una condizione di ‘scarsità potenziale’ che sancisce la fine del sogno di abbondanza e prosperità senza limiti, che ha caratterizzato e promosso una globalizzazione incondizionata, nella quale costi e prezzi venivano definiti solo in termini economici, senza vincoli etici o legati al contesto.
Il risveglio tra pandemia e guerra è stato brusco e ha costretto a esercizi strategici che partissero invece proprio dal concetto di limite e vulnerabilità: lo spreco non viene più tollerato ed evitarlo diventa la priorità per molte grandi aziende come nella campagna Hellmann’s del gruppo Unilever che recita ‘Make Taste Not Waste’.
Possiamo considerare l’economia di guerra come una sfida per riformulare le priorità soggettive e collettive nella direzione virtuosa della relazione fiduciaria e della sostenibilità del consumo. In entrambi i casi si tratta di lavorare nella direzione inevitabile della durata nella relazione, ma anche della resistenza e stabilità di prodotti che diventano compagni di vita. In questo quadro diventa sempre più urgente costruire piattaforme e partnership all’insegna delle affinità elettive, ponendo al centro i valori esistenziali evitando compromessi e scorciatoie.