Per Luca Lorenzini e Luca Pannese i quattro Leoni vinti al Festival della Creatività di Cannes hanno validato l’approccio di Small
Alla prima partecipazione a Cannes Lions, Small ha vinto 1 Leone d’argento nella categoria OOH e uno di bronzo in Brand Experience con ‘The Condo T-Shirts’ per Diesel e 1 Leone d’argento in Film e uno di bronzo nella categoria Health and Wellness con ‘The Hiring Chain’ per CoorDown.
Un successo che per Luca Lorenzini e Luca Pannese, entrambi co-founder ed Executive Creative Director, vale soprattutto come consacrazione di un approccio. Quello di Small, fondata nel 2019 a New York, è fatto di flessibilità – “come una casa di produzione, possiamo trasformarci da ‘small’ a ‘medium’ e persino a ‘big’ e tornare small quando il lavoro è finito”, dice Lorenzini -, su un modello di lavoro a progetto che non insegue i contratti di lunga durata, sempre più rari, e sulla ricerca di collaboratori e talenti affini.
Approdati a New York da Saatchi & Saatchi Italy nel 2014 su richiesta del Worldwide Creative Director Pablo Del Campo, lì sono rimasti anche dopo la conclusione del rapporto con l’agenzia. “Incredibilmente, restare a New York ci è sembrato meno rischioso che tornare in Italia, ci sentivamo abbastanza maturi per un progetto tutto nostro e abbiamo pensato che la nostra offerta potesse essere particolare: fare da ponte per i brand italiani con l’obiettivo di arrivare in Usa e, perché no, ambire anche a clienti americani”.
Stare a New York significa essere al centro di dove accadono le cose, respirare il meglio della comunicazione, dice e aggiunge che ‘italiano’ è stato il modo di fare questo passo, “spinti solo dalla passione”. Sono arrivati così i lavori per Timberland, Loro Piana, Diesel, Kraft, Netflix, CoorDown che rimane da sempre cliente dei due ‘Luchi’. E poi è arrivata anche la pandemia. “Ma noi eravamo già pronti, già allenati a lavorare a distanza: la prima campagna per Netflix in Italia l’abbiamo realizzata da New York con il team di marketing della piattaforma ad Amsterdam”.
Dice Lorenzini che talvolta qualcuno chiede quando Small aprirà a Milano: “metà dei nostri clienti sono italiani, nel mondo di oggi la sede fisica non conta poi così tanto. Noi a Milano ci siamo già.”
New business ‘passivo’. “Tendiamo a non fare gare, a meno che non siano rimborsate o si tratti di occasioni imperdibili. Le gare sono una cosa assurda, non producono creatività, si vincono con idee ‘sicure’ e sono un dispendio di risorse ed energie incredibile, stressanti per i creativi più giovani come per quelli più maturi”.
Il new business, allora? “Lo facciamo in modo ‘passivo’, non rincorriamo i clienti, ma facciamo parlare le nostre campagne sperando che agiscano come esca. Praticamente tutti i progetti che abbiamo sviluppato finora ci sono stati affidati dai clienti direttamente, senza gare. Ci hanno dato fiducia. E nel 90% dei casi sono tornati per una seconda campagna”.
Con i clienti, poi, il dialogo è costante – facilitato anche dalla presenza di un managing director che lavora da Parigi -, senza layer e con gruppi WhatsApp. “Quando alla presentazione della campagna ci si arriva tutti insieme, collaborando giorno dopo giorno, le probabilità di successo sono molto maggiori”, dice Lorenzini. Secondo il quale i clienti coraggiosi si riconoscono a prima vista e lo stesso vale per i creativi.
“Vogliamo restare Small molto a lungo: a molti il nostro nome sembra indicare un modello di business ‘sbagliato’ perché definisce una dimensione. “E cosa succederà al vostro nome quando crescerete?” Niente, in realtà. Perché ad essere Small è il nostro approccio al business: meno livelli, meno riunioni, comunicazione costante con i clienti e grande cura delle idee. Pensiamo che non sia necessario un approccio da grande agenzia per trovare clienti coraggiosi, collaboratori di talento e produrre lavori di cui essere orgogliosi”.
E magari vincere un Leone a Cannes. O anche quattro.
Armida Cuzzocrea