Solo 3 aziende su 10, sia in Italia sia a livello internazionale, hanno adottato una soluzione first-party ID
Secondo una ricerca di Adform, il 74% dei brand italiani non ha ancora adottato una soluzione per la rimozione dei cookie di terze parti.
Solo 3 aziende su 10, sia in Italia sia a livello internazionale, hanno adottato una soluzione first-party ID.
Oltre a una significativa mancanza di preparazione per la gestione delle campagne online senza cookie di terze parti (il 78% a livello globale), dallo studio emergono le priorità delle aziende, incentrate soprattutto sull’efficientamento di tempi e costi in una supply chain più trasparente, e la necessità di andare verso i cosiddetti “brand garden”, verso un ecosistema costruito ad hoc, pronto per le sfide future e dove il marketing aziendale ha il potere di gestire i dati in modo completo, essendone il proprietario.
Il country manager di Adform, Davide Corcione, individua nell’attuale scarsa preparazione delle aziende all’eliminazione dei cookie di terze parti un problema grave: “I risultati dell’indagine Adform sono un campanello di allarme per i marketer, la scomparsa dei cookie è una bomba a orologeria. A distanza di un anno, la maggior parte degli investitori pubblicitari italiani non ha ancora un piano di intervento definito: solo il 29% (pari a 3 aziende su 10) sta lavorando a un progetto di first-party ID. I marketer sanno che il problema è dietro l’angolo, tanto che il 75% delle aziende globali prevede un impatto sul business, purtroppo però è comprensibile che, dopo un anno difficile come il 2020, molte aziende non abbiano inserito tra le priorità la soluzione alla problematica. Questo ci dice che c’è chiaramente ancora molto da fare per diffondere le corrette informazioni e la conoscenza sulle soluzioni ID di prima parte”.
Inoltre, la ricerca rivela che i marketer ritengono che la gestione dei propri dei dati di prima parte possa sbloccare una serie di benefici di cui c’è bisogno: il concetto di un ecosistema chiuso e proprietario – sostenuto da dati first-party, costi trasparenti e adattabilità operativa – è visto positivamente da oltre due terzi (67%) dei marketer italiani.
Oltre tre quarti del campione internazionale (pari al 79%) è convinto che una soluzione proprietaria di un unico fornitore potrebbe aumentare la flessibilità e il controllo dei dati, mentre più di due terzi (70%) dichiara che i miglioramenti che ne deriverebbero, in termini di fiducia e trasparenza dei dati, influenzerebbero positivamente i loro risultati economici.
Più di 9 global marketer su 10 (il 92% del campione) asserisce che l’efficienza in termini di costi e tempi sia una sfida fondamentale per la loro catena di fornitura, con quasi due terzi (63%) che ritiene che i risparmi siano da individuare nel vantaggio principale di lavorare con un unico fornitore a livello globale. Inoltre, il 65% degli investitori italiani dichiara di non avere il controllo sulla propria supply chain: una ragione rilevante per andare verso un controllo chiaro e centralizzato nell’implementazione delle campagne di marketing.
Molto probabilmente ciò è dovuto al fatto che, in un mercato in continua evoluzione, il 42% delle aziende italiane che investono in pubblicità ha dato priorità alla capacità di rispondere rapidamente, con una maggiore efficienza e una migliore agilità. Ciò indica anche una forte propensione al consolidamento e alla trasparenza lungo tutta la catena di fornitura per ottenere un maggiore controllo, probabilmente guidata in parte dai risultati del recente studio programmatico ISBA sulla trasparenza della supply chain.